L’albero dei Chepang

Un bell’articolo sull’etnobotanica dei Chepang (Arun Rijal (2008) “Living knowledge of the healing plants: Ethno-phytotherapy in the Chepang communities from the Mid-Hills of Nepal” Journal of Ethnobiology and Ethnomedicine, 4:23) mi da lo spunto per parlare della mia breve ma bella esperienza con questo gruppo etnico nepalese, uno dei gruppi più svantaggiati e più poveri del Nepal, che possiede una vasta conoscenza tradizionale del territorio e della sua gestione, e che grazie al lavoro di alcune ONG nepalesi sta riconquistando la propria autostima e la coscienza dell’importanza del sapere locale.

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I Chepang, ufficialmente conosciuti come Praja, fanno parte di uno dei 61 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dal governo nepalese (ce ne sono in realtà più di 80), uno dei più piccoli (rappresentano lo 0,25% della popolazione nepalese) e uno dei più poveri e marginalizzati.
Fisicamente si distinguono per avere delle caratteristiche tipicamente mongoloidi ed il loro linguaggio deriva da dialetti Tibeto-Burmani.

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Vivono in villaggi, o meglio gruppi di nuclei familiari, sparsi sulle colline delle montagne del Mahabharat, nel Nepal centrale, soprattutto nei distretti di Makwanpur, Dhading, Chitwan e Gorkha.   I loro antenati sono stati cacciatori-raccoglitori fino a 100-150 anni fa, e coltivatori con tecnica slash-and-burn.

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Dipendono ancora molto dalla foresta (in particolare dall’albero del Chiuri) per ricavare cibo, materiale ed introiti; la loro dipendenza da una agricoltura più complessa è molto recente.

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Riescono mediamente ad ottenere dalla coltivazione il necessario per sostenersi per 6-8 mesi, mentre per il resto dell’anno (da febbraio a giugno) devono arrangiarsi con la raccolta nel selvatico oppure indebitarsi.  Nel 1999 il 50% della popolazione risultava indebitato, e il reddito pro-capite annuo era al di sotto dei 130 dollari.

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La vendita di prodotti forestali non legnosi (Non Timber Forest Products – NTFPs) rappresenta una fonte di reddito importante che ha molti margini di aumento, che permette un recupero delle tradizioni popolari ed un aumento dell’autostima di questa popolazione che per secoli è stata vista (e si è vista) come retrograda, incapace, primitiva.

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In lavoro di molte ONG nepalesi, ed in particolare del progetto SEACOW (School for Ecology, Agriculture and Community Work) sulle pratiche agricole e produttive ecologiche, si è per l’appunto concentrato sulla capacità di utilizzare il sapere tradizionale e i secoli di rapporto con la foresta per modificare l’immagine di sé di questi gruppi e per demistificare i processi economico-produttivi, in modo che la popolazione stessa possa trarre vantaggio economico e sociale dalle proprie conoscenze.

Parte integrante di questo progetto è lo studio delle piante medicinali della zona.
Le principali piante medicinali tradizionalmente usate dalla comunità Chepag nella zona del Mahabharat sono:
•    Chebulic myrobalan (Terminalia chebula)
•    Belleric myrobalan (Terminalia bellirica)
•    Emblic myrobalan (Phyllanthus emblica)
•    Asparagus racemosus
•    Gurjo (Tinospora cordifolia)
•    Jasminum officinale
•    Castanopsis indica
•    Dioscorea alata
•    Cinnamomum tamala fol.
•    Chiuri (Diploknema butyracea)

L’albero del Chiuri

I Chepang hanno un rapporto particolarmente stretto con l’albero del Chiuri (da loro chiamato Yoshi).  Una famiglia è considerata più o meno ricca a seconda di quanti alberi possiede, e il sapere tradizionale sulle tecniche di semina, raccolta dei vari frutti e derivati e loro utilizzo è di grande interesse perché estremamente specializzato e caratterizzato culturalmente.  Si può senza dubbio dire che la cultura Chepang sia strettamente associata al Chiuri.

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Narra una leggenda Chepang che: “molto tempo fa, una bufala scappò dalla propria stalla di notte e andò a mangiare nel campo di miglio finché non fu completamente satolla.  Ma al momento di tornare, dato che era buio, la bufala non riuscì a ritrovare la strada e cadde in un pericoloso precipizio, e vi rimase incastrata a metà strada.  Nessuno riuscì ad estrarre la bufala, e quindi ella lì morì.  Nello stesso luogo, fertilizzato dalla carcassa, nacque il primo albero di Chiuri”.
Secondo questa leggenda, si possono leggere nel Chiuri le tracce della sua origine: il frutto del Chiuri dà un succo bianco, che è il latte della bufala, e l’olio ottenuto dai semi è il burro di bufala.  I piccoli granelli neri che si trovano nel frutto sono il miglio mangiato dalla bufala durante la notte.  Ancora oggi i Chepang dicono che il Chiuri è come una “bufala da latte per noi”.

Botanica sistematica

  • Nome scientifico: Diploknema butyracea (Roxb.) H. J. Lam
  • Famiglia: Sapotaceae  Juss.  Composta da 800 specie tropicali suddivise in 35-75 generi mal definiti.
  • Sinonimi: Bassia butyracea Roxburgh; Madhuca butyracea (Roxb.) J. F. Macbride; Aesandra butyracea (Roxb.) Baheni

Nomi locali

  • Uttar Pradesh – Chiura, Bhalel
  • Hindi – Phalwara, Phulvara, Phulwa
  • Chepang: Yoshi (Ban Yoshi se l’albero è selvatico e Rang Yoshi se è coltivato).

A dimostrazione della profonda conoscenza che i Chepang hanno del Chiuri, basti sottolineare come essi usino almeno 32 nomi diversi per descrivere l’albero a seconda del tempo di fioritura, del colore del frutto, delle foglie, del tronco, dei rami e dei semi, della forma del tronco e dei rami, della dimensione della consistenza, del sapore e dell’odore del frutto, della produttività ed infine della posizione dell’albero stesso nel territorio.

Descrizione botanica
L’albero del Chiuri è un sempreverde di media grandezza (da 3 a 10 metri in altezza) che necessità di una buona insolazione ed ha una certa tolleranza al freddo. (Jackson 1987, Campbell 1983).

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Ecologia e distribuzione

Nel subcontinente indiano si trova nel tratto sub-himalayano, da Dehra Dun al Buthan, tra i 400 e i 1400 m, ma alcuni esemplari sono stati identificati a 4500 m

In India si trova soprattutto nel Sikkim e nell’Uttar Pradesh (distretto di Pithoragarh) al confine con il Nepal (tra 600 e 1000 m), e nelle colline del Kumaon e del Gharnal.  E’ presente anche sull’oceano indiano, ad Andaman e Nicobar

In Nepal si trova nella zona sub-himalayana, su pendii scoscesi, terreni rovinosi e precipizi, soprattutto nelle foreste dei distretti di Chitwan, Gorkha, Dhading, Rolpa, Argha, Khanchi e Makwampur.  In particolare vi è una grande concentrazione nelle colline del Mahabharat, tra i 500 e i 1400 m.
Si pianta con successo su terreni poveri e sassosi e la germinazione dei semi è di meno di tre settimane.

Importanza del Chiuri
Quali sono i punti di interesse del Chiuri nell’ambito di un progetto di sviluppo?

•    Importanza economica per i contadini poveri.
•    Sostenibilità ecologica: è adattato a terreni non coltivabili e migliora la qualità del suolo.
•    Potenziale economico per l’industria nepalese.
•    Importanza socioculturale per i Chepang.

Il Chiuri rappresenta ancora una fonte di reddito non secondaria per i Chepang (ed altre popolazioni).  E’ normale per ogni famiglia possedere almeno alcuni alberi di Chiuri, da 5 a 10-20 per le famiglie più ricche.  Il possesso dell’albero è slegato dal possesso della terra; una famiglia può possedere degli alberi in terreni non propri; questo possesso le dà il diritto di sfruttare per prima gli alberi per la raccolta dei frutti e dei semi, ecc., fino al mese di Saun masanta (metà di luglio), dopo il quale l’albero diviene di proprietà comune e chiunque può sfruttarlo, anche se di solito vi sono accordi interfamigliari per regolare lo sfruttamento (questo tipo di gestione comune dei beni e di modificazione della proprietà è tipico dei Chepang che si distinguono dal resto delle popolazioni nepalesi anche per un ridotto divario tra uomo e donna rispetto ai diritti).  L’albero è trattato come un membro della famiglia, e gli alberi della famiglia sono ereditati e divisi in parti uguali tra i membri della famiglia stessa.  Il legame con questa pianta è così forte che, quando un albero è malato, viene curato dal guaritore locale proprio come curerebbe un essere umano.

Il ghee derivato dai semi rappresenta la principale fonte di sussistenza per molti Chepang; esso costituisce la principale fonte di grasso alimentare, ed i Chepang preferiscono famiglie numerose anche perché queste significano più mano d’opera per la raccolta dei frutti. La produzione varia da 15 a 60 kg di ghee all’anno, dei quali 3-10 vengono venduti al mercato.  La vendita del ghee rappresenta una fonte di sussistenza potenzialmente molto importante per i Chepang.  De la Court (1995) ha infatti calcolato che vendendo il ghee la popolazione riuscirebbe a comprare 4 volte la quantità di cereali coltivabili nello stesso tempo.  Il problema è che mentre offerta e richiesta di ghee sono sufficienti, i mediatori hanno per molti anni approfittato dell’ingenuità dei coltivatori per aumentare il loro profitto.  E’ necessario quindi creare nuove opportunità di incontro saltando i mediatori.  E’ inoltre necessario risolvere alcuni gravi problemi legati all’albero stesso.

Problemi
In alcune zone del Nepal la produzione di frutti è andata declinando fino ad essere al giorno d’oggi il 20-30% della produzione di dieci anni fa.  Questa riduzione è dovuta ad un aumento della caduta di frutti immaturi, per cause non chiare, ma probabilmente legate a cambiamenti climatici regionali o globali (riduzione delle precipitazioni invernali, erosione del suolo, attacchi di insetti).
Uno dei compiti futuri sarà quello di studiare a fondo le ragioni della caduta dei frutti immaturi, le migliori condizioni pedo-climatiche per l’albero ed eventualmente la selezione di genotipi più resistenti.

Il seme
Il seme costituisce l’11-15% del peso del frutto fresco.

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Composizione
1. Proteine 5-8%

2. Saponine 12-15%
Dalle saponine, dopo l’idrolisi, si ottengono β-D-glucoside del β-sitosterolo e vari diterpenoidi, tra cui acido bassico, acido protobassico e acido idrossiprotobassico.

3. Grassi 41-48% (60-70% del seme decorticato)
Acidi grassi

  • Acido palmitico    50-65%
  • Acido stearico    3-5%
  • Acido oleico        25-36%
  • Acido linoleico    3-4%
  • Acido miristico    0,3%

Trigliceridi

  • Tripalmitina    7,7-10%
  • Oleodipalmitina    54-62%
  • Palmitooleostearina    7-8,6%
  • Palmitodioleina    14,4-23%
  • Oleodistearina    0-0,4%
  • Stereodioleina    0-1,2%
  • Altri    0-13%

4. Carboidrati totali 30%
Zuccheri tra i quali:

  • Glucosio
  • Arabinosio
  • Xilosio
  • Ramnosio

Il guscio del seme (19-30% del peso del seme fresco) contiene flavonoidi tra i quali lo 0,2% di quercetina e 1,75% di diidroquercetina, cosa quest’ultima piuttosto rara.

Grasso
Il grasso ricavato dal seme quando è puro è bianco, di odore e sapore buoni e non irrancidisce facilmente.

Processo di estrazione
•    Raccolta dei frutti maturi
•    Eliminazione polpa e lavaggio dei semi
•    Essiccazione dei semi al sole
•    Contusione e polverizzazione del seme in un piccolo mulino detto dhiki
•    Separazione della farina del seme dal guscio
•    “Cottura” a vapore della farina (contenente il 52% di grasso)
•    La farina viene posta in un cesto di bambù detto pyar , e viene estratta per compressione grazie alla chepuwa, un attrezzo composto di due assi di legno (dette kole) che comprimono il pyar.
•    Dalla prima compressione si ricava il 27% dell’olio; il residuo viene nuovamente estratto ottenendo il 10% di grasso.
•    Una volta estratto il grasso si raffredda e solidifica
•    Il cake (pina) residuo contiene ancora il 15% di grasso.

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Essicazione dei semi al sole e contusione dei semi

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Setacciatura e separazione dei gusci

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“Cottura” dei semi

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I semi “cotti” vengono inseriti in una pressa idraulica e pressati

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Il Ghee di Chiuri assume la sua forma solida dopo essersi raffreddato

Il metodo d’estrazione tradizionale, dal punto di vista occidentale, è poco efficiente, dato che lascia nel residuo dei semi circa il 14% del grasso estraibile.  Un’ovvia proposta è stata quella di utilizzare dei metodi di spremitura più potenti.  Ma la soluzione non è cosi semplice.  Una pressione più elevata estrae una maggior quantità di grassi, ma anche una elevata percentuale di saponine, rendendo il grasso non commestibile, di odore molto sgradevole e di colore dal verde al marrone.  E’ quindi necessario ripartire dai metodi tradizionali e trovare un compromesso.  La spremitura con pressa idraulica può andare bene per la produzione di grasso destinato a successive purificazioni per la fabbricazione di saponi o creme.

Dati fisico-chimici

  • Punto di fusione    47-49° C
  • Sp gr 15° C    0,856-0,870
  • nD 40° C    1,4552-1,4659
  • Acidità    0,5-14,5
  • Saponificazione    170-200
  • Valore dello iodio    40-51
  • Acetyl value    605
  • RM value    0,4-4,3
  • Hehuer value    96,2
  • Polenske value    0,65
  • Non saponificabili    1,4-5% (di solito 2-2,8%)

Cake

Composti           Grezzo*    Processato**
Saponine           15-27%     0%
Proteine            25-37%     18-34%
Grassi               29%           0,25%
Carboidrati       17%           40%
Fibre                4,5%          8,9%

* Dopo la normale estrazione del grasso mediante compressione
** Dopo l’estrazione completa di saponine e grassi

Utilizzo
Semi interi
I semi sono considerati galattogoghi

Grasso

Usi tradizionali
•    Alimentare: usato in cucina in svariati modi, è il grasso più economico sul mercato
•    Medicinale: internamente per costipazione cronica e febbre biliare. Rimedio topico per reumatismi, pelle infiammata e secca, lesionata, tenia pedis.
•    Combustibile per lampade a burro a scopo religioso: non crea fumo od odori cattivi, la sua luce è molto brillante e la fiamma è di lunga durata.

Usi possibili
•    Margarina
•    Buona fonte di acido palmitico per l’industria farmaceutica
•    Candele
•    Saponi, usato al posto dell’olio di cocco
•    Creme ed unguenti medicali
•    Unito all’Attar per ungere i capelli

Cake

Il cake grezzo è usato come:
•    Concime con proprietà pesticide (date dalle saponine), usato per i campi di riso e per le coltivazioni di banani.  E’  però molto povero in azoto (< 4%-5,5%).
•    Sostituto del sapone, soprattutto per il lavaggio del bucato.
•    Vermicida, nematocida, molluschicida, rodenticida ed insetticida
•    Veleno per la pesca, meno tossico dei normali pesticidi utilizzati
•    Veleno per lombrichi per prati e campi da golf
•    Come componente di mix insetticidi.
•    Lozione per capelli in combinazione con Acacia cananna
•    Dopo la rimozione delle saponine si utilizza come mangime per bestiame bovino e polli.

Altre parti del Chiuri utilizzate dai Chepang

Fiori

Composizione chimica

•    Molibdeno    0,95 ppm
•    Zinco    13,95 ppm
•    Zuccheri tra i quali:
•    Arabinosio
•    Ramnosio
•    Fruttosio
•    Glucosio
•    Saccarosio
•    Maltosio
•    Levulosio
•    Destrosio
•    Pentosi
•    Grassi        0,6%
•    Fibre        1,7%
•    Vitamine, tra le quali:
•    Vitamina A
•    Vitamina C
•    Tiamina
•    Acido nicotinico
•    Riboflavina
•    Acido folico
•    Biotina

Il Saccharomyces cervisia è presente naturalmente nei fiori e li rende un ottimo materiale grezzo pronto per la fermentazione alcolica.

I fiori sono inoltre ricchissimi di nettare, che è usato dalle popolazioni locali per fare uno sciroppo molto apprezzato.
E’ una pianta mellifera e le api producono da questi fiori un miele di ottima qualità, usato anche a scopo medicinale per il trattamento dei disturbi dell’occhio.

Usi medicinali
•    Sono considerati rinfrescanti, afrodisiaci, galattogoghi, espettoranti, carminativi.  Usati per disordini cardiaci, pirosi, biliosità, disordini dell’orecchio.
•    Secchi si usano sotto forma di fomente calde per l’orchite
•    Fritti nel ghee si usano per le emorroidi
•    Il liquore ricavato dai fiori viene descritto nell’Ayurveda come: caldo, astringente e tonico

Frutto

Composizione

Parte    % del peso fresco
Buccia    25,3
Seme    18,2
Polpa    5605

La polpa contiene:
•    Acqua    87,5%
•    Fibre    5,56%
•    Zuccheri    6,47%, di cui 3,8% zuccheri riducenti e 3,39% zuccheri non riducenti
•    Pectina    0,289%
•    Vitamina C    3,21 mg su 100 gr
•    Acetato di α-amirina
•    Acetato di β-amirina
•    Palmitato dell’acido oleanolico
•    Eritrodiol-3-caprilato
•    Eritrodiol-3-palmitato
•    D-glucosidi dell’α-spinaserolo e del β-spinasterolo
•    Olio essenziale contenente: etilcinnamato, α-terpineolo e vari sesquiterpeni

Usi
Alimentari: sciroppo per addolcire il tabacco; liquore fermentato; succo di frutta oppure frutto fresco
Medicinali: bronchite, disordini del sangue, consunzione

Foglia

Composizione chimica

•    Entriacontano
•    Esacosanolo
•    Acetato di β-amirina
•    α-spinasterone
•    α-spinasterolo
•    Miricetina-3-O-L-ramnoside
•    Saponine, tra le quali acido protobassico e acido epiprotobassico
•    Glucosio
•    Arabinosio
•    Xilosio
•    Ramnosio

Corteccia

Composizione chimica

•    Tannini (17%)
•    Glicosidi, tra le quali: bassianina a, b e c
•    Vari agliconi polimerici di leucocianidine associati a R-O-xilosio-O-arabinosio-O-ramnosio-O-ramnosio-O-glucosio
•    Acetato di α-amirina
•    Acetato di β-amirina
•    Eritrodiol-3-palmitato
•    Palmitato dell’acido betulinico
•    Friedlina
•    D-glucosidi dell’α-spinasterolo e dell’β-spinasterolo

Usi
Rimedio per reumatismi, ulcera, prurito, gengivite sanguinante, tonsillite, lebbra e diabete
Veleno per pesci

Utilizzo del Chiuri da parte dei Chepang.

  • Tronco: pali e travi, manici di attrezzi agricoli
  • Rami: legna da ardere, manici di attrezzi agricoli
  • Foglia verde: mangime, piatti
  • Foglia secca: ‘cartina’ per tabacco
  • Corteccia: legna da ardere, farmaco veterinario, rimedio medicinale, veleno per pesci
  • Frutto: alimento, sciroppo per tabacco, liquore fermentato, bronchite, disordini del sangue, consunzione
  • Fiore: nettare alimentare, uso medicinale interno ed esterno del fiore e del liquore di fiori.
  • ‘Burro’ dai semi: alimentare, medicinale, combustibile per lampade a burro, fonte di acido palmitico, candele, saponi, creme ed unguenti medicali
  • Cake dei semi: concime, pesticida, sostituto del sapone, veleno per pesci, lozione per capelli, mangime dopo la rimozione delle saponine
  • Lattice: per intrappolare insetti ed uccelli, gomma da masticare

Bibliografia

E vai con la seconda promozione, tutti a Creta!

Il Collegio Italiano Aromaterapia e Massaggio, in collaborazione con il sito www.infoerbe.it, organizza una settimana di studio su olii essenziali, piante aromatiche e tecniche di distillzione presso “Wild Herbs of Crete”, una azienda a conduzione familiare di distillazione di olii essenziali destinati al mercato dei terapeuti, basata a Creta. L’impianto è situato nelle vicinanze della Chania, ed è diretto da Janina Sorensen, una fitochimica e fitoterapeuta, e una delle poche distillatrici del Mediterraneo a produrre olio essenziale di Vitex agnus-castus.

La settimana comprende quattro giorni di seminari ed esperienze dirette di riconoscimento, raccolta e distillazione, e tre giorni di vacanza/riposo. Si inizierà a “lavorare” il giorno successivo all’arrivo a Chania, per dare tempo ai partecipanti di assestarsi e riposarsi. Il corso si struttura come uscita sul campo nel sud dell’isola, con due notti fuori e la terza notte (tra il terzo ed il quarto giorno di corso) in stgrutture albergo a Chania. Durante il corso si visiteranno diversi biotopi, si passeranno diverse gole e luoghi di grande interesse naturalistico e botanico, e le lezioni si terranno in situ durante le camminate, alcune verteranno su piante individuali (Laurus spp., Myrtus spp., Thymus spp., Satureja spp., Cupressus spp., Lavandula spp., Vitex agnus-castus, Pistacia lentiscus, Salvia spp. ecc.), altre sulla flora di Creta e sui suoi utilizzi generali.

I possibili periodi per il corso sono maggio-giugno e settembre.

I partecipanti si porteranno le proprie cesoie da giardinaggio e potranno raccogliere alcune delle piante (in quantità limitata e sostenibile) nei primi 2-3 giorni, mentre nel quarto giorno si raccoglieranno le piante che si andranno poi a distillare (potranno essere piante diverse a seconda del periodo e della disponibilità, solitamente mirto e timo a giugno, salvia in settembre). Si passerà poi il quinto giorno alla distilleria, caricando il distillatore, distillando e dividendosi l’olio essenziale così ottenuto.

Il numero minimo di partecipanti è di 10, il numero massimo di 15, per permettere un buon rapporto tra insegnanti e partecipanti.  La lingua ufficiale del corso è l’inglese, anche se la presenza del docente del CIAM permetterà di facilitare il passaggio delle informazioni.

Per maggiori informazioni o per prenotazioni scrivere a: marco@infoerbe.it

Ancora sulle sirtuine

Un articolo appena pubblicato sul numero di novembre di Cell, (Oberdoerffer et al (2008) “SIRT1 redistribution on chromatin promotes genome stability but alters gene expression during aging”; Cell 135,  6) aggiunge un tassello importante alla ricerca sul ruolo delle sirtuine nei processi di degenerazione del DNA e quindi cellulare, e del possibile ruolo di quelle molecole di origine vegetale che influenzano l’espressione delle sirtuire, come il resveratrolo.

In particolare lo studio avrebbe rivelato che le sirtuine hanno due funzioni primarie negli organismi dei mammiferi: la prima è  coordinare gli schemi di espressione genica, ovvero decidere quali geni sono attivati e quali disattivarti in ogni singola cellula, per evitare ad esempio che una cellula renale inizi ad esprimere tendenze epatiche; la seconda è funzionare da agenti riparatori emergenziali in caso di danno al DNA. Il problema sorge dal fatto che quando le sirtuine sono occupate a riparare il DNA non regolano più l’espressione dei geni. Fino a che i danni al DNA sono rari le sirtuine riescono a compiere entrambi i compiti co efficienza, ma quando questi danni aumentano (tipicamente con l’età) la de-regolazione dell’espressione genica diventa cronica, e questo sembra essere legato, nei modelli animali utilizzati, a fenotipi di maggior invecchiamento.

L’utilizzo di extra sirtuine o di un attivatore delle sirtuine come il resveratrolo ha  aumentato la vita media dei topi dal 24 al 46%.

Ritorna quindi l’interessantissimo argomento di utilizzare metodi di metaregolazione piuttosto che intervenire a livello degli effettori o degli effetti (ovvero, invece di tentare di riparare il DNA, meglio aumentare i sistemi endogeni di riparazione, al contempo ripristinando la funzionalità di regolazione dell’espressione genica).

Nonostante questo studio sia stato effettuato su modelli animali ed utilizzando solo il resveratrolo, il fatto che il meccanismo delle sirtuine sembri essere comune a moltissime forme di vita appartenenti ai Regni vegetale ed animale, e i dati in nostro possesso su altre molecole con azione simile al resveratrolo (catechine, curcuminoidi, ecc.) o sugli antiossidanti (leggi qui per essere educato da Meristemi sull’argomento) lascia ben sperare sulla generalizzabilità del dato.

Estivales de la question animale

Ricevo e con piacere pubblico.

Le Estivales de la question animale 2008 si sono svolte dal 16 al 23 agosto nel centro di Parménie, nel dipartimento dell’Isère. 75 persone hanno partecipato a questa edizione.

Le Estivales sono un luogo di incontro aperto a tutte le persone interessate alla questione animale, qualunque siano le loro opinioni. La questione animale è definita come l’insieme dei problemi etici, politici,
culturali ai quali la società intera si confronta per il fatto che gli animali sono degli esseri sensibili.

Dodici eventi, tra interventi e dibattiti autogestiti, hanno costellato il programma delle Estivales 2008, coprendo una vasta gamma di argomenti. La presentazione di questi eventi si trova nella sezione francese del sito delle Estivales; in alcuni casi, è disponibile il testo integrale o la registrazione.

Rispetto alle edizioni precedenti, questa settima edizione segna un progresso su diversi fronti, rispetto all’obiettivo delle Estivales:

  • Per la diversità dei partecipanti, quanto ad opinioni, pratiche, età, origine sociale… Come negli anni precedenti, erano presenti numerosi militanti antispecisti o della protezione animale. Altri partecipanti sono
  • venuti per interesse intellettuale. Le tariffe di partecipazione mettevano l’evento alla portata di tutti, senza escludere le persone abituate ad un certo confort, o anziane, o portatrici di handicap, grazie alla qualità
  • dei locali del centro di Parménie.
  • Per il numero dei partecipanti, in netto aumento. 75 persone in tutto sono venute per ascoltare e scambiare punti di vista; alcune hanno seguito solo determinati eventi, altre sono rimaste tutta la settimana. La partecipazione quotidiana media è stata di 46 persone; 36 persone sono rimaste 5 giorni o più.
  • Per la diversità degli argomenti trattati, che hanno rispecchiato un ampio spettro di problematiche e di approcci: dalla descrizione concreta della sorte degli animali nel mattatoio, fino alla ricostruzione storica
  • della nozione di istinto, passando per le presentazioni e i dibattiti su metodi e pratiche delle associazioni, senza dimenticare le discussioni a carattere più direttamente militante… Le numerose presentazioni di
  • associazioni riflettono un interesse crescente per l’evento da parte del mondo associativo.
  • Per la diversità dei relatori, provenienti tanto dal mondo accademico che della militanza di base. Un’attenzione particolare da parte degli organizzatori nei confronti della presenza femminile ha fatto sì che le relatrici fossero più numerose che negli anni precedenti.
  • Per l’eco che questa edizione ha avuto nella stampa, e che speriamo ancora più vasta l’anno prossimo.

Rispetto ai punti da migliorare, si possono notare i seguenti elementi:

  • Ulteriori progressi sono da compiersi per quanto riguarda la diversità del pubblico e dei relatori, in particolare per coinvolgere più persone contrarie alle tesi militanti di liberazione animale. Le Estivales
  • intendono continuare il loro sforzo per riunire relatori e participanti con altri punti di vista e provenienti da Paesi e contesti differenti.
  • Molti dibattiti sono stati dominati da questioni ricorrenti, a danno dell’attenzione rivolta al soggetto stesso dell’evento. Di qui eventualmente la necessità di organizzare pratiche di moderazione che permettano di ricollocare in tema il dibattito.
  • I dibattiti tendono spesso a prolungarsi diverse ore, accentuando l’accumulazione di fatica nei partecipanti. Per questo gli organizzatori propongono di limitare la durata totale di ciascun evento a due ore e
  • mezzo.
  • L’organizzazione dei pasti si è avvalsa dell’equipaggiamento della cucina del centro di Parménie, ma la loro qualità ha risentito della mancanza di organizzazione, della volontà di garantire un prezzo basso (4
  • euro al giorno) e della fatica generale. Sarebbe forse opportuno provvedere in anticipo ad un’organizzazione della cucina con menu prestabiliti, buoni ed equilibrati, ed una o due persone che seguano lo svolgimento della questione alimentare.
  • Si pone anche la questione di decidere se organizzare più eventi in contemporanea, per favorire la diversità degli interventi.

Il sistema endocannabinoide

Le piante ad azione psicoattiva sono da sempre state importantissime per l’indagine sui sistemi neuronali. La più famosa è certamente il Papaverum somniferum, grazie alla quale è stato scoperto ed indagato il sistema delle endorfine.

Ma altrettanto interessante, se non di più, è il campo aperto dallo studio della Cannabis e del sistema degli endocannabinoidi. Per riassumere, nel 1992 è stato scoperto il primo degli agonisti endogeni dei recettori CB (endocannabinoidi): l’anandamide (N-arachidoniletanolamide o AEA) e di seguito il 2-arachidonilglicerolo (2AG).  Altri endocannabinoidi scoperti in seguito sono il palmitoil etanolamide, la virodamina, il NADA (N-arachidonildopamina), e il noladin-etere.

L’AEA e la 2AG funzionano come neuromodulatori o neurotrasmettitori. Vengono infatti sintetizzati ‘al bisogno’ a partire da precursori presenti nelle membrane cellulari neuronali, attraverso una fosfolipasi D (per l’anandamide) o C (per la 2AG); vengono rilasciati velocemente, a seguito di una depolarizzazione, dai neuroni postsinaptici a livello ematico, e agiscono come messaggeri retrogradi per modulare il rilascio di neurotrasmettitori dai terminali presinaptici; l’interazione con CB1 inibisce la neurotrasmissione GABA-ergica nell’area tegmentale ventrale (VTA), causando un aumento del ritmo di firing dei neuroni dopaminergici nel circuito VTA-mesolimbico, con conseguente aumento di dopamina nel nucleo accumbens. (il meccanismo centrale della soddisfazione, o della “carota”, nel sistema allostatico.

I recettori CB e gli endocannabinoidi formano il cosiddetto ‘sistema cannabinoidico endogeno’ (SCE) che secondo Baker e collaboratori, è principalmente un sistema di regolazione delle neurotrasmissioni sinaptiche.

Fondamentalmente la depolarizzazione postsinaptica causerebbe la sintesi e il rilascio di endocannabinoidi che andrebbero ad occupare i recettori CB presinaptici inibendo l’ulteriore rilascio di neurotrasmettitori.  Questa azione inibitoria influisce su molti sistemi di neurotrasmissione, e l’evidenza sperimentale suggerisce una azione su: glutammato, GABA, glicina, noradrenalina, serotonina, dopamina, acetilcolina e neuropetpidi.
Chiaramente l’effetto finale dell’azione modulatrice dipende da quali circuiti neuronali saranno influenzati, dato che gli stessi neurotrasmettitori possono avere effetti diversi secondo il contesto di circuiti nel quale stanno operando. Se lo SCE è un sistema modulante generale non specializzato (che ricorda i sistemi a ‘valore’ di Edelman e Tononi 2000), allora il periodo più plastico nello sviluppo del cervello, quello cioè nel quale avviene una selezione neuronale più spinta (periodo fetale e post-natale fino alla preadolescenza), è particolarmente delicato perché pone le basi per la modellazione di base del sistema.  E’ quindi importante non sottovalutare i possibili effetti di un’esposizione a cannabinoidi esogeni in questo periodo.

Un altro possibile ruolo dello SCE, legato all’azione neuroprotettiva ed antiossidante dei cannabinoidi è quello di meccanismo a feedback negativo che sintetizza endocannabinoidi in risposta a flussi cellulari di Ca eccitotossici (da glutammato), funzionando da sistema di prevenzione del danno cerebrale.

La questione dei meccanismi dello SCE è ulteriormente complicata dall’esistenza di alcuni leganti sintetici che hanno dimostrato un effetto agonista inverso (SR 141716A; SR 144528; LY 320135; AM 630).  Questo effetto suggerisce che lo SCE possieda un ‘tono’ che può essere aumentato o diminuito.  L’esatta natura di questo stato ‘tonico’  non è chiara, ed esistono almeno due teorie non mutuamente incompatibili.  Secondo la prima teoria i recettori CB esistebbero in due possibili stati: on e off; lo stato on può attivare il sistema anche in assenza di cannabinoidi, mentre lo stato off non è attivo.  Un antagonista puro e reversibile agirebbe su entrambi gli stati lasciando l’equilibrio generale sostanzialmente inalterato.  Un agonista inverso non sarebbe altro che un agonista con particolare affinità per lo strato off e che sposterebbe quindi l’equilibrio verso questo polo, mentre un agonista puro non sarebbe altro che un agonista con affinità per lo stato on.  Secondo la seconda teoria invece lo stato tonico dello SCE dipenderebbe da un continuo rilascio di endocannabinoidi agonisti il cui effetto potrebbe essere ridotto da antagonisti puri.

Negli ultimi anni la ricerca si è andata concentrando sul metodo di innalzare la vita media degli endocannabinoidi, metodo che potrebbe avere degli effetti importanti su dolore, appetito, infiammazione,  e memoria.

AEA e 2AG vengono infatti rimossi velocemente dallo spazio extracellulare attraverso un sistema di trasporto selettivo, saturabile e mediato da carrier, presente sui neuroni e sugli astrociti.  Una volta all’interno della cellula AEA  e 2AG verrebbero idrolizzate ad acido arachidonico ed etanolamina. Per la AEA la idrolasi è la idrolasi ammidica degli acidi grassi (FAAH),  quella per la 2AG è la monoacilglicerol lipasi (MAGL). Il problema è che mentre sono stati negli anni sviluppati dei composti che vanno a colpire ed inibire il la FAAH e quindi causano un aumento della concentrazione di AEA con riduzione del dolore, fino ad oggi non era possibile fare lo stesso per la MAGL.

Ma il gruppo di ricerca dello Scripps Research Institute, grazie ad una innovativa tecnica di screening (la Activity-Based Protein Profiling) ha scoperto un composto fortemente inibitore della MAGL, il JZL184. Questo composto ha permesso qundi di studiare il ruolo della 2AG, con sorprendenti risultati: l’aumento della 2AG non solo causa riduzione del dolore, ma induce ipotermia e riduzione dei movimenti (nei ratti), suggerendo una segregazione dei compiti tra differenti endocannabinoidi.

L’articolo è Long et al. (2008) Selective blockade of 2-arachidonoylglycerol hydrolysis produces cannabinoid behavioral effects. Nature Chemical Biology, DOI: 10.1038/nchembio.129

Biodiversità e salute umana

Anche se per chi si occupa di piante e salute, la “scoperta”  che ancora buona parte dei farmaci sviluppati sono derivati più o meno indirettamente dalla natura sembra un poco come la scoperta dell’acqua calda, è bello sentirlo dire. E’ sarà leggermente antropocentrico come argomento, ma questa è, come dice Uncommon Grounds, un’altra buona ragione per sostenere attivamente i programmi di difesa della biodiversità. E aggiungerei io, della diversità delle culture umane che hanno convissuto con questa biodiversità, l’hanno sfruttata ed hanno costruito tassonomie popolari che una volta perse, sono perse per sempre.

A parte un accento posh che neanche alla House of Commons, il video Healing Power from Nature, di TRAFFIC / WWF sotto è un buon esempio di divulgazione sull’uso sostenibile delle piante medicinali e sulla giustizia sociale

Healing Power of Nature

Liberazioni Animali

E’ uscito l’ultimo numero  di Liberazioni


Sommario
Antispecismo

L’antivivisezionismo scientifico è controproducente?
Stefano Cagno

Penso di sì. Risposta all’articolo di Stefano Cagno
Massimo Filippi

Filosofia

I Carri di Adorno
Massimo Filippi

I cani, la domesticazione e l’ego
Gary Shapiro

Società

Postumanismo: opportunità e ambiguità
Noemi Callea

Per maggiori informazioni:  redazione@liberazioni.org

Libri del momento

Letti
Peter T. Ellison (2001) On fertile ground: a natural history of human reproduction. Harvard University Press
Dino Buzzati Sessanta racconti. Mondadori
Dino Buzzati Il deserto dei tartari. Mondadori
Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi-Contini. Mondadori
Jack Turner (2005) Spice: the history of a temptation. Vintage
Andrew dalby (2001) Dangerous tastes the story of spices University of California Press

In lettura.
Elaine Scarry (1985) The body in pain. The making and unmaking of the world. Oxford University Press
Arthur Kleinmann, Veena Das, Margaret Lock (eds.) (1997) Social suffering. California University Press
Alexander Von Humboldt (1995) Personal narrative of a journey to the equinoctial regions of the new continent. Penguin

Inizio
Sam Savage (2007) Firmino. Einaudi

Lacrime, sudore e sangue!

Call for Papers da parte di Intersections.

Il 21 volume di Intersections (una serie di volumi monografici peer-reviewed di storia moderna che isola in ogni yearbook un argomento non nuovo ma ampiamente dibattuto) tratterà di un argomento che mi sta a cuore: l’evoluzione dei concetti in fisiologia dall’antichità all’Europa moderna (Blood, sweat and tears: The Changing Concepts of Physiology from Antiquity into Early Modern Europe). In preparazione al testo, i curatori del volume (Manfred Horstmanshoff, Helen King e Claus Zittel) organizzano una conferenza che si terrà il 16-18 aprile del 2009 presso il Netherlands Institute for Advanced Studies a  Wassenaar, nei Paesi Bassi.  Il volume dovrebbe uscire nel 2010.

Per un fitoterapeuta tradizionale come me, da tempo interessato ai binomi salute/malattia, normale/anormale, fisiologico/patologico e alle varie declinazioni che hanno ricevuto nel tempo e nelle diverse culture, questa occasione è importante. Non solo per il soggetto in sè, ma anche per il riflesso più generale sulla cultura e sugli oggetti culturalmente costruiti.

Se le idee ed i concetti fisiologici delle diverse epoche sono radicalmente diversi, possono essere radicalmente diversi anche i corpi e le sensazioni di uomini e donne? Cioè non solo le idee di corpo, ma le sensazioni, i sensi, l’olfatto, i sapori? E’ questo ha un riflesso anche rispetto alla comparabilità, alla commensurabilità delle diverse teorie? Il dibattito intorno alla sostenibilità delle teorie del costruzionismo sociale e dell’olismo semantico non è certo finito (seppure forse meno acceso di vent’anni fa), ma questa conferenza e questo testo possono fornire uno spazio di intersezioni feconde, in un campo, quello della fisiologia, che lo storico della medicina ha spesso tralasciato a favore dell’anatomia.

Obiettivo esplicito del volume è infatti recuperare questo gap attraverso l’interpretazione contestuale delle teorie antiche, medievali e rinascimentali.

“While the topic of anatomy, the structure of the body, has been the subject of considerable recent study, that of physiology, the theory of the normal functioning of living organisms, has received much less attention. To reach a better understanding of what was new in Early Modern Europe we need a thorough contextual interpretation of Ancient, Medieval – including the Arabic tradition – and Renaissance theories.

If we try to apply the concept of physiology to Ancient (Greek and Roman) medicine, we encounter some difficulties. Where we would expect causality, we meet ‘only’ with analogy. By the Early Modern era ancient explanations of physiological phenomena existed alongside newly emerging methods of explanation based on the study of nature. To what extent were these two models of explanation in dialogue?

How was early modern physiology represented? What was the interrelationship with art? William Harvey mentioned the fire hose, but to what extent were such new technological models, such as those derived from hydraulics, applied?

In meteorology, geology, cosmology, and political and economic theory, metaphors derived from physiology gained popularity. The tension and interplay between experimental practices and metaphysical concepts could also be an interesting topic.

Finally: in what way, if at all, did the new discoveries influence general culture? Is it possible to argue that people could see, hear, smell, feel and taste in different ways in, say AD 1650, in comparison with the Augustan era?”

Coevoluzione, ormesi, resveratrolo e sirtuine

La nostra lunghissima coevoluzione con i vegetali ha fatto si che il nostro organismo si sia dovuto adattare alla presenza di complesse miscele di metaboliti secondari di difesa delle piante, metaboliti che, originatisi come elementi di pericolo, sono stati trasformati, biologicamente prima e culturalmente più tardi, in agenti terapeutici. Ci troviamo quindi in una situazione dove cibo e medicina sono fortemente legati, nel senso che l’effetto di queste sostanze sulla nostra salute dipende molto dal nostro agire su di loro, piuttosto che dal loro agire su di noi, come è il caso dei veleni. Si parla in questo senso di ormesi (o xenormesi, per sottolineare il contatto con un composto estraneo all’organismo), ovvero di quelle azioni benefiche che risultano dalla risposta dell’organismo ad uno stressore a bassa intensità (in questo caso il metabolita secondario che a dosi elevate può essere dannoso).

Quindi il metabolita, a dosi subtossiche, attiverebbe i percorsi di risposta stressoria adattivi proprio in virtù del suo essere una tossina alla quale l’organismo si è “adattato”. Gli effetti salutari delle diete ricche in vegetali e frutta freschi non sarebbero salutari quindi solo per la presenza di antiossidanti, ma per una azione più profonda e regolatoria. Ci sono anche casi di metaboliti secondari che sembrano stimolare le risposte stressorie pur non essendo tossici neppure a dosi elevate, come ad esempio per i curcuminoidi.

Un composto xenormetico è spesso un composto polifenolico sintetizzato da specie primordiali per stimolare diverse risposte adattive in risposta a vari tipi di emergenza (siccità, radiazioni, attacchi di insetti, infezioni, ecc.). Le piante superiori avrebbero mantenuto questa abilità, e altri organismi (in questo caso l’uomo) potrebbero sfruttare questi composti come componente del loro proprio sistema di trasmissione dei segnali, in virtù del fatto che i meccanismi di base della risposta stressoria utilizzano le stesse molecole sia in piante sia in animali. Esempi di questi percorsi di allarme comprenderebbero varie chinasi legate alla sopravvivenza delle cellule, i fattori di trascrizione NRF2 e CREB, e le deacetilasi istoniche della famiglia della sirtuina, una proteina nota come Sir2 nei lieviti e SIRT1 nell’uomo. Le Sir2 (Silent information regulator 2), sono proteine presenti in tutti gli organismi dagli eubatteri agli eucarioti, compresi gli esseri umani (scarica qui un articolo esaustivo).

Quindi composti come il resveratrolo, i sulforafani ed i curcuminoidi possono proteggere le cellule da lesioni stimolando la produzione di atiossidanti, fattori neurotropici ed altre proteine correlate allo stress.

Un articolo nell’ultimo numero di Cell Metabolism contribuisce a chiarire il ruolo che il resveratrolo (e più in generale altri composti che interagiscono con le sirtuine)  possono avere sui processi metabolici nei mammiferi, interagendo con la SIRT1 e “ingannando” il nosro organismo facendogli credere di essere di fronte ad un periodo di bassa disponibilità alimentare. Lo studio è stato fatto con un composto sintetico (SRT1720) su topi geneticamente selezionati, ed ha quindi una generalizzabilità non particolarmente elevata, soprattutto se intendiamo applicarlo all’utilizzo di estratti vegetali, ma se preso nel contesto degli altri studi sperimentali e sugli studi sul resveratrolo, aggiunge una tessera importante al mosaico.

Il composto aumenta la resistenza durante la corsa protegge dall’obesità e dalla resistenza insulinica indotte con la dieta artificiale nei topi, aumentando il metabolismo ossidativo nel muscolo scheletrico, nel fegato e nel tessuto adiposo marrone. Questo risultato supporta la nozione che basse dosi di composti xenormetici possano influenzare il metabolismo umano, ridurre il rischio di prediabete, diabete tipo 2, aterosclerosi, obesità addominale e forse anche processi di tumorigenesi.

Se il nostro organismo ha “interiorizzato” i nostri rapporti ecologici con le piante ed i loro veleni, ciò significa anche che ci siamo evoluti in modo da affrontare complessi di molecole associati a dosaggi moderati e per lungo tempo, e non molecole isolate a concentrazioni molto elevate per brevi periodi. La ricerca sperimentale mostra che le piante medicinali (come miscele molecolari complesse ad azione multitasking) esercitano simultaneamente la loro influenza su diversi livelli e diversi meccanismi tumorali, e le ricerche epidemiologiche supportano questo dato mostrando, ad esempio, che le popolazione del sud est asiatico hanno percentuali minori di rischio tumorale rispetto alla loro controparte statunitense, e si ritiene che il consumo alimentare di piante quali l’aglio, la curcuma, zenzero, peperoncino, soia e Brassicaceae sia alla base di questo fenomeno di “chemioprevenzione”.