I frutti aromatici del Siltimur

Una delle conseguenze pratiche della mia seconda puntata in Nepal, nel 2006, nella valle di Nar-Phoo, è stata la raccolta di vari campioni di piante aromatiche con l’intenzione di distillarne l’olio essenziale a Kathmandu. Una delle piante che ci avevano più interessato anche come possibili antivirali era stato il Siltimur, Lindera neesiana, ed in particolare ci interessavano i frutti, usati come rimedio per dolori di stomaco e tosse, e più commestibili delle foglie o della corteccia, e quindi dei possibili candidati per la categoria piante medicinali/alimentari.

Non si riuscì in quella occasione a distillare i frutti della pianta, ma il buon Khilendra aveva effettuato l’anno prima una distillazione di prova, ed aveva conservato bene il campione…

From Nepal 2006

… che io diligentemente portai in Italia per affidarlo alle cure dell’equipe dell’Università Patavina, che già altre volte aveva collaborato a queste mie impromptu missioni.

Dopo un po’ di attesa, ecco finalmente che esce l’articolo relativo ad analisi e attività biologica dell’olio stesso, nel primo numero del 2010 di Fitoterapia, con il titolo “Essential oil of Lindera neesiana fruit: Chemical analysis and its potential use in topical applications” e l’autorship di Comaia, Dall’Acqua, Grillo, Castagliuolo, il buon Khilendra Gurung, e la professoressa Innocenti.

Oltre ad essere una interessante esemplificazione dell’utilità di accoppiare la  tecnica della Gas cromatografia (GC-MS)  alla risonanza magnetica (NMR), l’articolo aggiunge alcuni tasselli importanti relativi alla composizione chimica della frazione aromatica dei frutti della pianta, e sembrerebbe supportare l’idea che i citrali (nerale e geraniale) siano importanti per spiegare l’attività antimicrobica degli OE.

Vediamo allora cosa sappiamo su questa pianta alla luce di questi nuovi dati.

Cosa è?

La Lindera neesiana (Wallich ex Nees) Kurz è un arbusto o piccolo albero deciduo alto fino a 4-5 metri, con foglie picciolate, molto varie in dimensioni, lunghe da 3 a 20cm. e larghe da 1 a 10 cm.,ovali e glabre. I bei fiori gialli sono disposti in ombrelle, e i frutti sono globosi.

From Nepal 2006
From Nepal 2006

La pianta appartiene alle Lauraceae, uno dei più antichi gruppi di angiosperme, parte del primitivo gruppo delle Laurales, che insieme alle Magnoliales fa parte dei Magnoliidi; in letteratura si può trovare anche con i binomiali Tetranthera neesiana Wallich, Aperula neesiana (Wallich ex Nees) Blume e Benzoin neesianum Wall. ex Nees (che è il suo basionimo).

In Nepal centro-orientale la pianta cresce nella zona Himalayana temperata e subtropicale, tra 1800 e 2600 mslm, in aperture lungo le gole profonde nelle foreste.  Fiorisce tra ottobre  e novembre e fruttifica tra marzo e giugno.

Ha vari nomi: in lingua nepalese si chiama per l’appunto 
siltimur; in lingua gurung si chiama katu, gutung, kutung o siltimuri; in lingua Nyeshang phopri
.

Come viene usata?

I vari gruppi etnici nepalesi utilizzano i frutti maturi (neri) e aromatici sia marinati come alimento sia freschi o essiccati come rimedio per mal di stomaco dovuto ad indigestione, come antelmintici e in caso di flatulenza (in Manang – Gyasumdo).

In altre zone vengono masticati in caso di diarrea, mal di denti, nausea, flatulenza, o usati a livello topico per foruncoli e scabbia, malattie della pelle, o internamente per parassiti intestinali; sono considerati un antidoto per animali e uomini in caso di ingestione di piante velenose (Pohle, 1990 Manandhar 2002; Rajbhandari 2001; Joshi 2001).

Le foglie e i ramoscelli sono anch’essi aromatici se vengono spezzati, e vengono usate per malattie della pelle. Sono inoltre una buona fonte di foraggio per bestiame bovino e caprino (Manandhar 2002; Rajbhandari 2001).

La radice e la corteccia, una volta polverizzate, sono usate internamente in caso di dolori (Manandhar 2002; Rajbhandari 2001).

Cosa contiene e come funziona?

L’appartenenza della pianta a Magnoliidi suggerirebbe la presenza di neolignani ad azione antinfiammatoria, comuni a questo gruppo, e la presenza, nell’OE, di derivati del percorso biogenetico dello shikimato (le Lauraceae sono ricche in fenilpropanoidi come eteri fenolici e fenoli, ad attività biologica elevata ma con profilo tossicologico spesso importante).

In effetti frutti, foglie e corteccia di Lindera neesiana contengono olio essenziale, circa l’1% distillabile dai frutti secchi (Gurung, Khilendra: comunicazione personale), l’1.3% dalle foglie fresche e lo 0,5% dai ramoscelli (Singh et al. 1995).

L’OE di foglia, (come previsto dall’appartenenza alle Lauraceae) è caratterizzato da una massiccia percentuale di metil cavicolo (83.76%) e safrolo (11.86%), mentre miristicina  (69.99%) e1,8-cineolo (17.97%) caratterizzano l’OE di ramoscelli (Singh et al. 1995). La presenza di metil cavicolo e safrolo, due molecole a sospetta attività epatotossica ed epatocarcinogenica (sono dei procarcinogeni attivabili dai sistemi de detossificazione epatica) suggerisce che l’OE di foglia sia potenzialmente tossico.

L’articolo di prossima pubblicazione rileva quanto invece sia differente l’OE dei frutti. I principali composti isolati dall’OE sono risultati i citrali (Z-citrale 15.08%, E-citrale 11.89%), l’1,8-cineolo (8.75%), il citronellale (6.72%), e α- e β-pineni (rispettivamente 6.63% e 5.61%). I composti che caratterizzavano gli OE di foglia e ramoscelli sono presenti nel frutto a percentuali molto minori ma non minime: miristicina (4,41%) e metil
eugenolo (ca. 2%). Altri composti identificati a percentuali significative sono: geraniolo, citronellolo,  elemicina, ossido di cariofillene, spatulenolo, nerolo, 6-metil-5-epten-2-one, linalolo ed α-terpineolo.

From Nepal 2006

Infine, i composti presenti in percentuali minime o in tracce sono: α-tujene, camfene, verbenene, mircene, α-fellandrene, p-cimene, cis-ocimene,
 trans-ocimene, 2, 6-dimetil-5-eptanale, γ-terpinene, cis-sabinene, cis-linalolo ossido, trans-linalolo ossido, α-
camfolenale, canfora, terpinen-4-olo, mirtenale, S-(-)-verbenone, trans-carveolo, geranil formiato, β-elemene, trans-cariofillene, β-bisabolene, geranil acetato, e geranil propionato.

Non ci sono molti studi sulle attività biologiche della Lindera neesiana, ma lo studio italiano evidenzia l’attività dell’OE da frutto sullo Staphylococcus aureus (un batterio Gram-positivo) a concentrazione (IC50) di ca. 100 microgrammi per mL, sul lievito Candida albicans a IC50 di ca. 276 microgrammi per mL, ed infine sulla Pseudomonas aeruginosa (un Gram-negativo) a IC50 di 13 570 microgrammi per mL.

Le attività sui patogeni sono state confrontate con quelle di un controllo negativo (DMSO, il solvente usato per solubilizzare gli OE, da solo) e di tre controlli positivi (due antibiotici: ampicillina e  kanamicina, ed un antimicotico, la nistatina). In nessun caso l’OE è risultato efficace quanto le molecole di sintesi, e solo l’attività su Staphylococcus aureus merita a mio parere ulteriori attenzioni.

La bassa efficacia sulla Pseudomonas non dovrebbe stupire, in genere tutti gli olii essenziali hanno attività meno spiccata nei confronti dei G-negativi, a causa della componente lipopolisaccaridica  della loro membrana, che riduce la capacità di penetrazione degli OE, notoriamente lipofili.

(Mi) Stupisce di più la bassa attività su Candida spp., visto il contenuto in citrali mi sarei aspettato di più, comunque sempre meglio dell’azione sui G-. Positiva invece l’assenza di attività citotossica a livelli di attività.

Cosa sarebbe interessante studiare per il futuro? Vista la probabile facilità con la quale i citrali formano legami con i gruppi azotati delle proteine, sarebbe interessante vedere se la loro presenza in un olio essenziale facilita la permanenza dello stesso olio essenziale sul derma, o se miscele di OE a citrali con OE ad elevata volatilità riduce quest’ultima.

Inoltre altrettanto interessante sarebbe vedere se c’è un ruolo per l’utilizzo di questi frutti nell’alimentazione da carestia. Chi lo sa?

Guerra

Nelle ultime settimane uno dei miei blogger scientifici preferiti, Revere (nome collettivo) di Effect Measure (un ottimo blog di epidemiologia), ha postato a giorni alterni video musicali come commenti sulla guerra in Afghanistan, a seguito delle dichiarazioni di Obama sulla strategia per uscire (?) dal paese e dalla guerra.

In genere mi colpisce il fatto che buona parte della rettorica (non in senso negativo) anti-war che origina dagli States si concentri sui soldati americani morti e non su tutti gli altri morti, ma l’ultimo video pubblicato amplia lo sguardo e lo rende più comprensivo, e per questo mi piace linkarlo, non solo per il fatto che condivido la stance del blogger sulla guerra.

Più in generale ripensando alla facilità con la quale ai tempi della guerra nella ex Jugoslavia certuni parlavano di realpolitik, si stupivano della mia indignazione dicendo “ma non lo sapevi che la guerra era così?” , sottointendendo una ingenuità e distanza dalla realtà di chi alla guerra si oppone, mi sovviene il bel saggio di Elaine Scarry: “The body in pain“, (nota 1) ed in particolare il capitolo “The structure of war: the juxtaposition of Injured Bodies and Unanchored Issues”, che ci ricorda l’importanza di affacciarsi sul mondo e toccare la realtà della guerra, ovvero del corpo aperto, lacerato, lesionato, mutilato, morto…

Che ci ricorda che è proprio del discorso sulla guerra (e non necessariamente del discorso dei guerrafondai) il mascheramento, la sparizione, l’obliterazione del nucleo fondamentale della guerra stessa: la ferita, la morte, il danneggiamento e la distruzione di corpi, la creazione di dolore.

E questo mascheramento impedisce di guardare in faccia la realtà, e quindi di indignarsi, di abbassare l’etica dalla testa alla pancia (nota 2).

Offro qui dei lacerti dal capitolo 2 per una meditazione:

“War and torture have the same two targets, a people and its civilization…When Berlin is bombed, when Dresden is burned, there is a decostruction not only of a particular ideology but of the primary evidence of the capacity for self-extension itself: one does not in bombing Berlin destroy only objects, gestures, and thoughts that are culturally stipulated but objects, gestures, and thoughts that are human, not Dresden buildings or German architecture but human shelter.”

“…while torture relies much more heavily on overt drama than does war, war too … has within it a large element of the symbolic and it is ultimately, like torture, based on a simple and startling blend of the real and the fictional. In each, the incontestable reality of the body – the body in pain, the body maimed, the body dead and hard to dispose of – is separated from its sources and conferred on  an ideology or issue or instance of political authority impatient of, or deserted by, bening sources of substantiation.

There is no advantage to settling an international dispute by means of war rather than by a song contest or a chess game except that in the moment when the contestants step out of the song contest, it is immediately apparent that the outcome was arrived at by  a series of rules that were agreed to  and that can now be disagreed to, a series of rules whose force of reality cannot survive the end of the contest because that reality was brought about human acts of participation and  is dispelled when participation ceases.

The rules of war are equally arbitrary and again depend on convention, agreement and participation; but the legitimacy of the outcomes outlives the end of the contest because so many of its participants  are frozen in a permanent act of participation: that is, the winning issue or ideology achieve for a time the force and status of material “fact” by the sheer weight  of the multitudes of damaged and opened human bodies”

“The essential structure of war, its juxtaposition of the extreme facts of body and voice, resides in … the relation between  the collective casualities that occur within war, and the verbal issues (freedom, national sovereignity, the right to a disputed ground, the extraterritorial authority of a particular ideology) that stand outside the war, that are there before the act of war begins and after it ends, that are understood by a warring population as the motive and justification and will again be recognised after the war as the thing substantiated … by war’s activity. “

“The main purpose and outcome of war is injuring. Though this fact is too self-evident and massive ever to be directly contested, it can be indirectly contested by many means and … (t)he centrality of the act of injuring in war may disappear – the centrality of the human body can be disowned – by any of six paths.

First, it may be omitted from both formal and casual accounts of war.

Second, it may instead be redescribed and hence be as invisible as if omitted: live tissue may become minimally animate (vegetable) or inanimate (metal) material, exempt from the suffering that live sentient tissue must bear; or the conflation of animate and inanimate vocabularies may allow alterations in the metal to appropriate all attention …; or the concept of injury may be altered by relocating the injury to the imaginary body of a colossus.

Third, it may be neither omitted nor redescribed and insted aknowledges to be actual injury occuring in the sentient tissue of the human body, but now held in a visible but marginal position by four metaphors that designate it the by-products, or something on the road to a goal, or something continually folded into itself as in the cost vocabulary, or something extended as a prolongation of some other more benign occurrence”

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Nota 1
Riguardo alla più generale posizione della Scarry sul dolore, cioè che esso sia ciò che in maniera assoluta e universale definisce la realtà, e alla differenza con altre concezioni, più storicizzare e relativizzate di dolore, vedi il testo di David Morris The Culture of Pain, ed il testo classico di Eric Cassell, The Nature of Suffering and the Goals of Medicine

Nota 2
In parallelo con la necessità di smascherare i metodi di allevamento intensivo per trasformare una astratta idea di giustizia per gli animali in una sentita etica animalista.

Sospette reazioni avverse!

Ricevo dal Centro di Medicina Naturale e pubblico, in attesa di approfondimenti.

Avviso dal Ministero della Salute
Dopo alcune recenti segnalazioni di sospette reazioni avverse giunte attraverso il sistema di fitovigilanza e di farmacovigilanza (ISS/AIFA), il Ministero interviene con un provvedimento specifico pubblicato direttamente nel sito web:  “… in attesa di ulteriori approfondimenti sull’eventuale correlazione tra consumo del prodotto e reazioni avverse, invita gli eventuali acquirenti, a scopo cautelativo, a non utilizzare i seguenti prodotti”:

MERLUZZOVIS (Dr. Giorgini)

Prodotto a base di olio di fegato di merluzzo (casi di insufficienza renale e ipercalcemia per elevato contenuto di vitamina D)

NIMBUS (Nutrigea)
Integratore a base di alghe klamath (sospetta grave epatite acuta in bambina di dieci anni).

Nota Bene: in un comunicato stampa datato 03/12/09 la ditta Nutrigea comunica che la ragione per la segnalazione del prodotto Nimbus alle autorità era la supposta mancanza di notifica al ministero; la notifica sarebbe invece stata effettuata ma non o male archiviata dal Ministero. Sempre il comunicato stampa segnala che l’epatite acuta per la quale la bambina sarebbe stata ricoverata al Niguarda sarebbe di vari anni posteriore all’inizio dell’assunzione del prodotto da parte della bambina, e quindi non vi sarebbe una chiara relazione temporale e meno che meno causale. La ditta mette a disposizione i documenti che corroberebbero la sua posizione qui.

FISIODIUR (Zuccari)
Integratore contenente numerose erbe diuretiche (sospetta severa insufficienza renale acuta)

FU FANG QUING DAI WAN (Active Herb)
Prodotto a base di Indigo naturalis (1) e altre erbe cinesi indicato per la psoriasi (epatite acuta colestatica)

CANAH (Emuna)
Olio di semi di canapa raffinato (sospetto caso di stato stuporoso in bambino di 2 anni, positivi cannabinoidi urinari)

Note aggiuntive:

1) Indigo naturalis è un termine da farmacopea che denota un pigmento ricavato dalle foglie di un gruppo di piante tintorie: Baphicacanthus cusia, Indigofera tinctoria, Isatis tinctoria (sin: Isatis indigotica), Polygonum tinctorium.

In medicina cinese questo pigmento viene utilizzato per piressia in malattie infettive, eczema, leucemia cronica mielogena, epilessia infantile, ematemesi, epistassi, emorragie, gengiviti, glossiti, faringiti, afte orali, tonsilliti, foruncoli, puntire di insetti o serpenti, tosse con caldo nei polmoni. Mostra una certa efficacia in applicazione topica per il trattamento della psoriasi. Due molecole, indirubina ed indigo sembrano le più interessanti per l’attività sul ciclo cellulare (interessante per attiovità antitumorale ed antipsoriarica) con interruzione del ciclo alla fase G0/G1 , modulazione dell’espressione di PCNA e di involucrina, modificando proliferazione e differenziazione dei cheratinociti.

Sempre in medicina cinese si avverte che il rimedio non deve essere utilizzato in caso di anormali funzioni epatiche, dato che la indirubina, una delle componenti attive del pigmento, ha un effetto epatotossico.

Si consiglia di iniziare a dosi ridotte e di monitorare sempre le funzioni epatiche.

Non sembra quindi un rimedio da autoprescrizione, e necessita di monitoraggio.