La dose è tutto 3/3

Terzo (dopo il primo ed il secondo) problema: perché questi dosaggi?

Le posologie consigliate in molti testi di erboristeria e da molte aziende, e quindi usate da molti erboristi, sono spesso sotto il limite dell’efficacia, anche senza tenere in conto del sottodosaggio causato dall’utilizzo delle gocce come metodo di misurazione.

Per esemplificare la discrasia tra i dati tradizionali, sperimentali e clinici, e i dosaggi consigliati per le TM, vorrei brevemente mettere a confronto alcuni testi.

Per evitare da subito l’accusa di riduzionismo o di “farmacologismo”, userò come fonti attendibili sia i dati storici e etnobotanici, sia i dati clinici. Naturalmente non ambisco ad una analisi esaustiva e sistematica, e non mi nascondo i problemi relativi alla traduzione di dosaggi espressi in diverse forme galeniche. Purtuttavia, ritengo che alla fine della comparazione risalterà una differenza in dosaggi così evidente e di tale magnitudine che va ben oltre le variazioni dovute a questi problemi.

La comparazione

Per facilitare la comparazione, i vari dosaggi sono stati riportati in termini di grammi di droga secca: quindi un dosaggio giornaliero di 5-20 ml di tintura da pianta secca (1:5) è stato tradotto in un dosaggio giornaliero di 1-4 grammi di pianta secca. Questo tipo di calcolo non è naturalmente esatto né tiene conto delle differenti biodisponibilità delle diverse forme farmaceutiche, ma nonostante questa  limitazione, ritengo che il calcolo rimanga comunque valido a grandi linee, e mostra chiaramente la differenza tra i dosaggi ricavati dai testi classici e farmacologici e quelli riportati da testi più recenti della scuola delle TM.

Ho qui riportato i dati dai testi del Dott. Brigo (“L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia”) e della Dott.ssa Campanini (“Dizionario di fitoterapia e piante medicinali. II ed.”) semplicemente come esempio, in effetti dosaggi molto simili si trovano nel testo di Rossi sulle TM ed in genere in certa letteratura francese. A mò di contrasto sono stati inseriti i dosaggi indicati da Pedretti in un testo chiaramente non influenzato dalla scuola delle TM (“Chimica e farmacologia delle piante medicinali”). Altri testi di riferimento sono la British Herbal Pharmacopea (BHP), il PDR for Herbal Medicines (PDR), Herbal Medicines del 2007 (HM), le monografie WHO e quelle ESCOP. Per i dosaggi in medicina cinese (MTC) mi sono affidato al testo enciclopedico di Ou Ming, al testo di Song sui liquori medicati e al classico di Bensky e Gamble
Per la medicina del 19o secolo nordamericano (USA) mi sono basato sulla Materia Medica di Felter.

Tutti i dosaggi sono espressi in grammi di pianta secca.

Pianta

TCM

USA

Pedretti

Monografie

Brigo

Campanini

Arctostaphylos uva ursi

1-4.

2-8.

PDR 12; HM 4.5-12; WHO 9-12

0.2-0.6

0,2-0,4 gr.

Crataegus spp

10-15

0,5-5

1-45

PDR 5; HM 0,64-6,3; WHO 3-6; ESCOP 2-5; BHP 1-3

0,2-0,3

Echinacea spp

1-5,5

2-4

PDR 3-4,5; HM 1-3; WHO 3; BHP 3

0,05-0,2

Ephedra sinica

3-9

3-5

HM (1,2-2,3); WHO 1999 (1-6); BHP 3-12

0,025-0,15

0,1-0,3

Ginkgo biloba

3-6

PDR, HM, OMS, ESCOP (120-240 mg ES equivalente a ca. 4-16 grammi)

0,05-0,15

Glycyrrhiza spp.

3-12

0,5-4,5

15-30

HM 3-12; WHO 5-15; BHP 2-3

0,1-0,2

0,17-0,42

Hydrastis canadesis

1-10

2-4,5

HM e WHO 1,5-3; BHP 1,5-3

0,15-0,45

Panax ginseng

5-10 decotto 1-2 polvere

0,1-4,5

0,5-2

PDR 1-2; HM 0,5-1; WHO 0,5-2; BHP 3-6

0,3

Passiflora incarnata

2-11

1

HM 1,5-8 polvere, 7,5-10 grammi in infuso; BHP 0,8-3

0,2-0,7

0,2-0,4

Rheum palmatum

3-6

0,3-2

1-4

PDR 2,3-4,5; WHO 0,5-1,5

0,1-0,4

Serenoa serrulata

2,7-10,8

PDR 1-2; HM 1,5-3; WHO 1-2; BHP 1,5-3

0,05-0,1

Silybum marianum

10-12

PDR,  HM, WHO 12-15; BHP 10-12

0,2-0,6

0,15-0,4

Taraxacum officinale

9-30

8

1-5

HM 6-24; WHO 9-12; BHP 1-5

0,1-0,6

0,2-0,5

Valeriana officinalis

2,1-6

1-4

PDR 15; HM 3-9; WHO 2-15; BHP 1-4

0,2-0,3

Zingiber officinale

3-9

0,5-1,5

PDR 2-4; HM 0,75-3; WHO 1-4

0.15-0,35

Valutazione

Nonostante questa analisi sia non sistematica e problematica a causa della traduzione imperfetta tra varie forme farmaceutiche, credo salti subito all’occhio come i dosaggi proposti dai due testi della Campanini e di Brigo siano sempre di molto inferiori ai dosaggi proposti negli altri testi, di fatto da 10 a 20 volte inferiori ai dosaggi considerati terapeutici.

Anche tendendo in considerazione le differenze dovute alle forme farmaceutiche e alle diverse biodisponibilità, i valori rimangono molto al di sotto del range efficace.

Questo dato è ancora più sorprendente se si valuta il fatto che il testo della Campanini presenta una buona analisi dei dati relativi alle piante ed ai dosaggi efficaci. Ovvero, l’utilizzo di dosi di TM così inferiori al minimo efficace non può essere fatto risalire ad una mancata o deficitaria analisi dei dati. Oltretutto questa discrasia risulta ancora più inspiegabile se si comparano i dosaggi dati in termini di altre forme galeniche (estratto fluidi, estratti secchi, ecc.) che sono di norma in linea con le valutazioni della stessa autrice nelle sezioni di farmacologia, e con i dosaggi presenti negli altri testi da me analizzati.

Come accennavo precedentemente, è come se gli autori considerassero la TM una forma galenica estremamente potente, molto di più degli estratti secchi, ad esempio, senza però portare alcuna giustificazione per questa sorprendente posizione. Ritengo che questo non sia che una rimanenza di un approccio omeopatico alla fitoterapia. Nulla ho da dire rispetto alla teoria e alla prassi dell’omeopatia, al fatto che vi sia totale consistenza interna nell’utilizzo di questi dosaggi di TM in ambito omeopatico, ma certamente questi non dovrebbero avere spazio nella fitoterapia.

Conclusioni

Da quanto visto è chiaro che per raggiungere una dose terapeutica sono necessari dosaggi ben più elevati di quelli generalmente consigliati, e che questi dosaggi sono difficilmente raggiungibili con tinture madri a titolo 1:10, sia per ragioni pratiche (sarebbe necessario consumare dai 20 ai 100 ml di tintura al giorno) che per ragioni economiche, e quindi per ragioni di compliance del paziente.

Come da molti anni vado ripetendo, ritengo che le TM siano delle preparazioni del tutto inadeguate per la fitoterapia, non necessarie, costose, sempre a rischio di sottodosaggio, e quindi sempre a rischio di svalutare agli occhi del pubblico la reale efficacia e razionalità della fitoterapia.

La dose è tutto 2/3

Analizzato nel post precedente il problema delle TM vs. altri estratti idroalcolici, veniamo al secondo problema: le gocce.

Secondo problema: perché le gocce?

L’utilizzo delle gocce come unità di misura delle forme liquide potrebbe sembrare solo un dettaglio tecnico ma non è meno importante della forma galenica scelta. Nonostante questo metodo di misura possa teoricamente avere ancora una giustificazione quando si trattasse di dispensare estratti liquidi di piante estremamente potenti (Phytolacca, Atropa, Datura, Convallaria, ecc.), quando si tratti di piante in libera circolazione e non tossiche, esso è da considerarsi arcaico e poco razionale, per il semplice fatto che non da garanzia di uniformità.

Questo fatto dovrebbe essere evidente se consideriamo che non esiste un rapporto preciso che correli le gocce al volume del liquido, poiché questo rapporto dipende dal tenore alcolico, e quindi dalla sua viscosità.

In un esperimento eseguito da Bone nel 2005 sono state messi a confronto 4 diversi tipi di estratti liquido misurati con due tipi di contagocce, a foro ampio e a foro ridotto, per vedere il numero di gocce necessario per raggiungere 1 mL.

Il risultato è sorprendete se lo compariamo alla vulgata che vuole che per ogni mL ci vogliano 20-25 gocce. Si osserva un aumento del numero di gocce necessario per arrivare al mL all’aumentare del tasso etanolico.

  • Un glicerinato 1:1 di cardo mariano al 5% di etanolo vuole dalle 28 alle 33 gocce (a seconda del diametro del’orifizio) per fare 1 mL.
  • Un estratto 1:2 di arpagofito al 25% di etanolo ne vuole 39-44
  • Un estratto 1:2 al 45% di etanolo di peonia bianca da 45 a 50 gocce
  • Un estratto di semi di sedano 1:2 al 60% di etanolo da 50 a 60
  • Un estratto 1:5 al 90% di etanolo di mirra ne vuole da 50 a 65.

Come si può notare, anche facendo una valutazione conservativa di 40 gocce per mL in media, siamo quasi al doppio del dosaggio “standard”, ovvero rischiamo di dosare sempre la metà della quantità efficace, con evidenti riflessi sull’efficacia della terapia! Anche una pianta medicinale di sicura efficacia non può essere sfruttata a dovere se usata al di sotto del dosaggio efficace.

La dose è tutto 1/3

Una discussione di lavoro di qualche giorno fa mi ha riportato alla mente un argomento che ho sempre ritenuto centrale per la traduzione dei dati scientifici, storici ed antropologici sulle piante medicinali in prassi clinica: il dosaggio efficace.
Questo non è un argomento nuovo o sorprendente, è abbastanza chiaro a tutti che perché un farmaco abbia effetto sarà necessario assumerlo alle dosi efficaci (e non superare le dosi tossiche).

Anche in erboristeria/fitoterapia questo è un argomento ovvio: se ad esempio andiamo a vedere le quantità di pianta secca utilizzate nelle tisane vediamo che esse spesso corrispondono a grandi linee ai dati tradizionali ed ai dati moderni.
Anche forme galeniche più moderne come gli estratti secchi vengono abbastanza spesso offerte in quantità che corrispondono come ordine di grandezza ai dati scientifici.
Esiste però una strana area grigia dove i normali ragionamenti ed i metodi di trasformazione dei dosaggi da una forma galenica ad un’altra sembrano essere dimenticati: le tinture idroalcoliche, ed in particolare le TM, o Tinture Madri.

In effetti il problema con l’utilizzo degli estratti idroalcolici è triplice:

  1. la preferenza data alle TM piuttosto che altre forme di estrazione idroalcolica.
  2. l’utilizzo di una forma di misurazione del dosaggio (le gocce) intrinsecamente impreciso e che porta sistematicamente a sottodosaggi.
  3. l’utilizzo di posologie spesso sganciate dai dati scientifici e storico-antropologici.

I termini della quaestio
Vale la pena fare un passo indietro ed intenderci sul significato dei termini.
  Per estratti idroalcolici (o alcoliti) si intendono molti preparati diversi che si ottengono per l’azione, a freddo, dell’alcol etilico di varia gradazione su materiale vegetale fresco o secco.
Tra gli alcoliti troviamo le tinture idroalcoliche classiche (ad esempio le tinture officinali da Farmacopea Ufficiale o FU), ovvero quei preparati che si ottengono (per macerazione e per percolazione) con l’azione solvente di una miscela di alcol etilico ed acqua (a volte con aggiunta di piccole quantità di altri cosolventi) su droghe vegetali essiccate.

Di norma, e ragionando spannometricamente, la tinturazione da secco viene eseguita con un rapporto di 1 a 5 tra materiale vegetale secco (grammi) e solvente (millilitri), con il solvente idroalcolico che varia tra 50% e 85% di alcol.
Nulla però impedisce di effettuare estrazioni con rapporti diversi, ad esempio per ottenere concentrazioni più elevate (senza l’uso di calore): si possono in alcuni casi con il metodo della percolazione ottenere estratti con rapporto 1:3, e eccezionalmente, con sistemi di percolatori posti in serie ed alcuni artifizi tecnologici, 1:2.

Gli alcolaturi (o alcolituri) sono degli alcoliti ottenuti facendo agire l’alcol sulle piante fresche (macerazione) o sul loro succo (espressione).

Le TM sono un caso particolare di alcolaturi, ovvero degli alcolaturi per i quali i rapporti ponderali (1 parte di pianta in peso secco per 10 parti di prodotto finale) e i tempi di estrazione sono definiti in maniera stringente dalle farmacopee tedesca (succo da spremitura della pianta fresca stabilizzato con etanolo in quantità tale da arrivare ad un rapporto tra pianta calcolata al secco e prodotto finale pari a 1:10) e francese (estrazione di pianta fresca con un solvente etanolico a gradazione adeguata in quantità tale da raggiungere un rapporto tra pianta calcolata al secco e prodotto finale pari a 1:10).

Primo problema: perché le TM?

Modificare il rapporto tra pianta e solvente (o più precisamente tra pianta e prodotto finale) significa modificare la quantità di estratto che deve essere assunto per assumere una quantità data di fitocomplesso.
Ipotizziamo che la dose efficace di pianta secca, desunto dai dati tradizionali e scientifici, sia di 1 grammo:

  • se io assumo 1 mL di un estratto 1:5, sto assumendo intorno a 0,2 grammi di pianta secca, quindi dovrò assumere 5 mL di estratto al giorno;
  • se assumo 1 mL di estratto 1:2 sto assumendo 0,5 grammi di pianta secca, quindi dovrò assumere 2 mL di estratto al giorno;
  • se assumo 1 mL di un estratto 1:10 (ad esempio una TM), sto assumendo intorno a 0,1 grammi di pianta secca, quindi dovrò assumere 10 mL di estratto al giorno!

E’ chiaro che, a parità di pianta e di qualità dell’estratto, è preferibile assumere 2 mL di estratto al giorno piuttosto che 10 mL, sia in termini economici sia in termini di salute. Da questo punto di vista è abbastanza ovvio che le TM sono una forma estrattiva poco efficiente, più costosa e quindi meno indicata, in presenza di alternative più concentrate (parliamo sempre di estrazioni idroalcoliche a freddo).

Uno degli argomenti più utilizzati da coloro che preferiscono l’uso delle TM è che esse siano di maggior qualità rispetto alle altre. Questa maggior qualità risiederebbe nel fatto che l’estrazione viene effettuata su pianta fresca, non sottoposta a processi di essicazione che possono ridurne la qualità, e sull’ipotesi che l’utilizzo dell’acqua proveniente dalla matrice vegetale piuttosto che aggiunta dall’esterno avvicini di più la tintura al vero fitocomplesso; qualche autore ha anche proposto che le tinture da pianta fresca siano maggiormente biodisponibili.

E’ sicuramente vero che l’essiccazione è un processo di trasformazione che, se effettuato senza adeguate cautele, può risultare nell’abbassamento, anche rilevante, della qualità del materiale vegetale, soprattutto quando si tratti di materiale aromatico. D’altro canto non sempre l’essiccazione (eseguita con le dovute cautele) è controindicata, è vero anzi che alcune piante devono essere essiccate. Molte piante ad alcaloidi hanno un comportamento più prevedibile e meno pericoloso se sono state essiccate e le piante ad antrachinoni devono essere essiccate e conservate per almeno un anno prima della trasformazione).

Mancano invece dati tratti che mostrino una maggior concentrazione di composti attivi nelle tinture da pianta fresca rispetto a quelle da pianta secca. Oltretutto, le tinture da pianta fresca vengono solitamente preparate in ambienti a minor tasso etanolico, il che significa che composti più lipofilici rischiano di non venire estratti o di venire estratti in minor misura. Inoltre, se il tasso alcolico è basso, potrebbe essere inefficace nell’inibire l’attività enzimatica, rischiando una decomposizione dei composti chiave.

Per comprendere meglio il problema della tinturazione da fresco facciamo un esempio: una tintura da pianta fresca con rapporto peso secco/solvente pari a 1:5.

  • 100 gr. di pianta fresca contenente 80% di acqua vengono macerati in 20 ml di alcol etilico
  • Il peso secco della pianta è di 20 gr
  • Il volume del liquido è di 80 ml (acqua della pianta) + 20 ml (etanolo aggiunto) = 100 ml
  • Il risultato è equivalente ad una tintura 1:5 da pianta secca (20 gr pianta secca:100 ml liquido)

Ma il risultato rischia di essere di cattiva qualità perché la concentrazione d’etanolo finale è molto bassa (25%), insufficiente ad estrarre composti lipofilici e al limite dell’inattivazione enzimatica e della conservabilità.
Se vogliamo che la percentuale alcolica sia ragionevole, dobbiamo accontentarci di tinture dell’ordine del 1:8-1:10, estremamente diluite e quindi poco adatte alla terapia (a parte droghe eroiche o tossiche).

La maggior biodisponibilità viene quindi spesso obliterata dall’elevata diluizione di queste preparazioni, obbligando il paziente a bere quantità rilevanti di tintura, cosa che solitamente incide pesantemente sulla compliance del paziente stesso.

Concludendo, non emergono in letteratura dati che indichino una generalizzata e significativa maggior qualità delle tinture da pianta fresca rispetto alle tinture da pianta secca (a parità di qualità del materiale vegetale e del processo di trasformazione).

Anche di fronte ad un teorico piccolo margine di qualità maggiore per le TM, esso a mio parere è del tutto obliterato dai punti negativi: usare TM significa aumentare in maniera non necessaria il costo del trattamento fitoterapico, assumere maggiori quantità di etanolo e rendere meno comoda la terapia.