Ancora sulle sirtuine

Un articolo appena pubblicato sul numero di novembre di Cell, (Oberdoerffer et al (2008) “SIRT1 redistribution on chromatin promotes genome stability but alters gene expression during aging”; Cell 135,  6) aggiunge un tassello importante alla ricerca sul ruolo delle sirtuine nei processi di degenerazione del DNA e quindi cellulare, e del possibile ruolo di quelle molecole di origine vegetale che influenzano l’espressione delle sirtuire, come il resveratrolo.

In particolare lo studio avrebbe rivelato che le sirtuine hanno due funzioni primarie negli organismi dei mammiferi: la prima è  coordinare gli schemi di espressione genica, ovvero decidere quali geni sono attivati e quali disattivarti in ogni singola cellula, per evitare ad esempio che una cellula renale inizi ad esprimere tendenze epatiche; la seconda è funzionare da agenti riparatori emergenziali in caso di danno al DNA. Il problema sorge dal fatto che quando le sirtuine sono occupate a riparare il DNA non regolano più l’espressione dei geni. Fino a che i danni al DNA sono rari le sirtuine riescono a compiere entrambi i compiti co efficienza, ma quando questi danni aumentano (tipicamente con l’età) la de-regolazione dell’espressione genica diventa cronica, e questo sembra essere legato, nei modelli animali utilizzati, a fenotipi di maggior invecchiamento.

L’utilizzo di extra sirtuine o di un attivatore delle sirtuine come il resveratrolo ha  aumentato la vita media dei topi dal 24 al 46%.

Ritorna quindi l’interessantissimo argomento di utilizzare metodi di metaregolazione piuttosto che intervenire a livello degli effettori o degli effetti (ovvero, invece di tentare di riparare il DNA, meglio aumentare i sistemi endogeni di riparazione, al contempo ripristinando la funzionalità di regolazione dell’espressione genica).

Nonostante questo studio sia stato effettuato su modelli animali ed utilizzando solo il resveratrolo, il fatto che il meccanismo delle sirtuine sembri essere comune a moltissime forme di vita appartenenti ai Regni vegetale ed animale, e i dati in nostro possesso su altre molecole con azione simile al resveratrolo (catechine, curcuminoidi, ecc.) o sugli antiossidanti (leggi qui per essere educato da Meristemi sull’argomento) lascia ben sperare sulla generalizzabilità del dato.

Coevoluzione, ormesi, resveratrolo e sirtuine

La nostra lunghissima coevoluzione con i vegetali ha fatto si che il nostro organismo si sia dovuto adattare alla presenza di complesse miscele di metaboliti secondari di difesa delle piante, metaboliti che, originatisi come elementi di pericolo, sono stati trasformati, biologicamente prima e culturalmente più tardi, in agenti terapeutici. Ci troviamo quindi in una situazione dove cibo e medicina sono fortemente legati, nel senso che l’effetto di queste sostanze sulla nostra salute dipende molto dal nostro agire su di loro, piuttosto che dal loro agire su di noi, come è il caso dei veleni. Si parla in questo senso di ormesi (o xenormesi, per sottolineare il contatto con un composto estraneo all’organismo), ovvero di quelle azioni benefiche che risultano dalla risposta dell’organismo ad uno stressore a bassa intensità (in questo caso il metabolita secondario che a dosi elevate può essere dannoso).

Quindi il metabolita, a dosi subtossiche, attiverebbe i percorsi di risposta stressoria adattivi proprio in virtù del suo essere una tossina alla quale l’organismo si è “adattato”. Gli effetti salutari delle diete ricche in vegetali e frutta freschi non sarebbero salutari quindi solo per la presenza di antiossidanti, ma per una azione più profonda e regolatoria. Ci sono anche casi di metaboliti secondari che sembrano stimolare le risposte stressorie pur non essendo tossici neppure a dosi elevate, come ad esempio per i curcuminoidi.

Un composto xenormetico è spesso un composto polifenolico sintetizzato da specie primordiali per stimolare diverse risposte adattive in risposta a vari tipi di emergenza (siccità, radiazioni, attacchi di insetti, infezioni, ecc.). Le piante superiori avrebbero mantenuto questa abilità, e altri organismi (in questo caso l’uomo) potrebbero sfruttare questi composti come componente del loro proprio sistema di trasmissione dei segnali, in virtù del fatto che i meccanismi di base della risposta stressoria utilizzano le stesse molecole sia in piante sia in animali. Esempi di questi percorsi di allarme comprenderebbero varie chinasi legate alla sopravvivenza delle cellule, i fattori di trascrizione NRF2 e CREB, e le deacetilasi istoniche della famiglia della sirtuina, una proteina nota come Sir2 nei lieviti e SIRT1 nell’uomo. Le Sir2 (Silent information regulator 2), sono proteine presenti in tutti gli organismi dagli eubatteri agli eucarioti, compresi gli esseri umani (scarica qui un articolo esaustivo).

Quindi composti come il resveratrolo, i sulforafani ed i curcuminoidi possono proteggere le cellule da lesioni stimolando la produzione di atiossidanti, fattori neurotropici ed altre proteine correlate allo stress.

Un articolo nell’ultimo numero di Cell Metabolism contribuisce a chiarire il ruolo che il resveratrolo (e più in generale altri composti che interagiscono con le sirtuine)  possono avere sui processi metabolici nei mammiferi, interagendo con la SIRT1 e “ingannando” il nosro organismo facendogli credere di essere di fronte ad un periodo di bassa disponibilità alimentare. Lo studio è stato fatto con un composto sintetico (SRT1720) su topi geneticamente selezionati, ed ha quindi una generalizzabilità non particolarmente elevata, soprattutto se intendiamo applicarlo all’utilizzo di estratti vegetali, ma se preso nel contesto degli altri studi sperimentali e sugli studi sul resveratrolo, aggiunge una tessera importante al mosaico.

Il composto aumenta la resistenza durante la corsa protegge dall’obesità e dalla resistenza insulinica indotte con la dieta artificiale nei topi, aumentando il metabolismo ossidativo nel muscolo scheletrico, nel fegato e nel tessuto adiposo marrone. Questo risultato supporta la nozione che basse dosi di composti xenormetici possano influenzare il metabolismo umano, ridurre il rischio di prediabete, diabete tipo 2, aterosclerosi, obesità addominale e forse anche processi di tumorigenesi.

Se il nostro organismo ha “interiorizzato” i nostri rapporti ecologici con le piante ed i loro veleni, ciò significa anche che ci siamo evoluti in modo da affrontare complessi di molecole associati a dosaggi moderati e per lungo tempo, e non molecole isolate a concentrazioni molto elevate per brevi periodi. La ricerca sperimentale mostra che le piante medicinali (come miscele molecolari complesse ad azione multitasking) esercitano simultaneamente la loro influenza su diversi livelli e diversi meccanismi tumorali, e le ricerche epidemiologiche supportano questo dato mostrando, ad esempio, che le popolazione del sud est asiatico hanno percentuali minori di rischio tumorale rispetto alla loro controparte statunitense, e si ritiene che il consumo alimentare di piante quali l’aglio, la curcuma, zenzero, peperoncino, soia e Brassicaceae sia alla base di questo fenomeno di “chemioprevenzione”.