Diario nel quale si ricorda alli Magnifici FARMACOPEI il tempo di raccogliere le materie più necessarie per uso delle loro Eccellenti Farmaceutiche Officine: Maggio

Cuscuta .

Eupatorio di Mesue per sugo condensato .

Eufrasia .

Lupoli .

Laureola .

Melissa .

Ruta Capraria .

Sonco .

Triboli .

Aneto .

Fiori di Malva .

di Mortella .

di Papavero Silvestre .

di Aranci .

di Sambuco .

Rose di tutte le ispecie , per farne quanto si richiede .

Stecade .

Verbasco .

Semi di Fumoterra .

Si raccoglie la Rugiada per lo Giulebbe Aureo .

Fraghe per Acqua .

Si fa seccare il Sangue Umano .

Si piglia il Siero per la confezione d’Hamech .

Si fanno li Trocisci Ramich .

Si fa l’Unguento Marziaton , e Populeon .

(Teatro Farmaceutico Dogmatico e Spagirico del Dottor Giuseppe Donzelli napoletano, Barone di Dogliola, Edizione ventesima, In Venezia, MDCCXXVIII, Presso Andrea Poletti)

Prolasso uterino in Nepal, un progetto da sostenere!

(English version here)

Finalmente riesco a pubblicare una intervista a cui tengo molto. Nel 2004, la prima volta che sono andato a lavorare in Nepal, la ONG con la quale collaboravo era il CAED (Centre for Agro-Ecology and Development), una ONG nata nel 1992 per interventi nel campo agroforestale, conosciuta soprattutto per il suo progetto leader del 1993, SEACOW (School of Ecology, Agriculture and Community Works), e che ha una forte sensibilità per l’approccio sociale e di genere, e la convinzione che sia possibile lavorare nel campo dell’ecologia, dell’agricoltura sostenibile, della protezione ambientale e dei diritti umani usando uno stile di intervento distante da quello di stile fortemente occidentale tipico di molte altre ONG.
Avevo già parlato di questo gruppo in un post precedente, riguardo al loro lavoro con l’etnia Chepang. Già allora mi aveva colpito il lavoro multidisciplinare della ONG, che spingeva molto sui temi della mobilizzazione delle risorse locali da parte dei locali, sui processi di trasformazione piuttosto che su target predefiniti, ed in particolare su processi di autotrasformazione e di educazione degli adulti (REFLECT), sulla necessaria interconnessione tra temi ambientali e temi sociali, di genere, culturali ed identitari, e politici. Nel 2004 il CAED stava già lavorando al progetto sulla crisi del prolasso uterino, denominato Sustainable Livelihood Programme (SLP), e stavano in quei giorni filmando un documentario di educazione sanitaria indirizzato alle famiglie delle zone rurali.

Tra pochi mesi tornerò in Nepal cercando di documentare i progressi nel lavoro sull’etnia Chepang e nella campagna sul prolasso uterino, ed ho pensato che era ora che rendessi più disponibile ad un pubblico italiani questo progetto, che personalmente sostengo e che invito tutti a sostenere.
L’intervista è con Samita Pradhan, direttrice del programma sul prolasso uterino e cofondatrice di CAED.
Chi, dopo questa lettura, fosse interessato alla possibilità di sostenere il programma SLP, può contatarmi o contattare direttamente il Maya Fund presso il CAED (Maya Fund, CAED, P Box 4555, Kathmandu, seacow@healthnet.org.np)

La versione originale dell’intervista, in inglese, è qui

Silphion: ciao Samita, mi piacerebbe iniziare con una rassegna generale della situazione in Nepal in questi giorni, dopo le elezioni. Quanto facile, o difficile, è per te e per CAED continuare con le vostre attività? Come è cambiata la situazione dall’ultima volta che sono stato in Nepal (estate del 2006)?

Samita: in Nepal c’è al momento una crisi energetica,  ci sono solo 16 ore di elettricità  al giorno, solitamente concentrate alla sera, e praticamente non abbiamo acqua corrente, almeno nelle principali città e villaggi. C’è insufficiente scorta di prodotti petroliferi, le code per la benzina e per il gas da cucina sono lunghe, e rimaniamo con appena 10 ore di elettricità alla settimana nelle ore lavorative. E questi sono solo alcuni esempi

Si.: cosa c’è all’origine di questi problemi?

Sa.: le centrali elettriche lavorano solo parzialmente, a causa dei danni alla diga del Terai orientale causati dalle ultime inondazioni. Il governo non ce la fa a rispondere alle richieste di elettricità, le risorse sono insufficienti.
Dal punto di vista politico la situazione non è nè molto stabile nè molto sicura, gli episodi di violenza sono aumentati, come anche le proteste, le manifestazioni ed anche le uccisioni.

Si.: secondo te cosa quali sono le cause scatenanti di questa situazione?

Sa.: il cambio di regime dalla monarchia alla democrazia ha innalzato le aspettative del popolo, ed ora la gente vuole poter richiedere ciò che è loro di diritto.
Nel passato abbiamo pazientato troppo con il governo, ma ora dobbiamo imparare anche a non essere eccessivamente impazienti. E forse questo è un normale processo in momenti critici come questi.
D’altro canto, l’insoddisfazione è comprensibile, la vita non è facile senza elettricità e senza acqua, cosa che per molti significa senza lavoro e senza paga.  Le persone hanno normali esigenze di base, ed ora sono arrabbiate, ed anche se tutto questo non è responsabilità esclusiva dei maoisti, sono loro ad essere al comando ora. Non si tratta semplicemente della richiesta di una minima qualità di vita, la gente ha iniziato a reclamare i propri diritti da molte angolazioni, ad esempio si parla di diritti delle popolazioni indigene, di stato federale, delle popolazioni del Terai, dei dalit (gli intoccabili), della discriminazione e della violenza verso le donne, ecc.
Ci sono proteste in ogni dove, anche nei villaggi più piccoli. Qui a Kathmandu sono molto comuni le manifestazioni degli studenti e gli scioperi dei tassisti.

Si.: quindi i problemi e le violenze sono aumentate anche nella valle di Kathmandu?

Sa.: si, la valle di Kathmandu è meno sicura di una volta, e non sappiamo quanto tempo ci vorrà, una volta usciti di casa, per andare a lavoro o per visitare i luoghi che dobbiamo visitare.
Le regioni del Terai, che comprendono così tanti gruppi etnici diversi (Terai madhesis, tharus, dalits ecc.) con aspettative differenti, sono anch’esse molto instabili, mentre le regioni collinari (l’area del Mahabharat Lekh) sono più sicure.

Si.: e tutto questo ha un impatto sul progetto?

Sa.: tutti questi scioperi ritardano il procedere del progetto, molte volte siamo costretti a cambiare il programma della giornata, ed è molto difficile pianificare le cose in anticipo. La situazione ci fa sentire insicuri dato che le uccisioni sono diventate abbastanza comuni in Nepal

Si: Dopo questa rapida descrizione della situazione generale in Nepal, mi piacerebbe che introducessi il soggetto del prolasso uterino e del lavoro che state facendo in questo campo.

Sa.: Il problema del prolasso uterino era conosciuto da molto anni ma non ha ricevuto alcuna attenzione, anche da parte delle ONG che lavoravano con le donne, o dal governo. CAED ha iniziato a lavorare  in questo campo perché era riportato come un problema scottante per le donne del distretto di Achham, nell’ovest. Negli anni sempre più ONG e persone si sono interessate al problema ed hanno comunicato con le gente e i politici, dicendo che qualcosa era possibile fare. Il CAED ha nominato il programma sul PU Women’s Reproductive Rights Program (WRRP e qui, e qui una esperienza sul campo di una volontaria). Lavora sia a livello di base sia a livello politico. Si concentra principalmente su educazione alla prevenzione, azione pubblica e lobbying, per sensibilizzare uomini e donne sulle cause sociali e mediche, sulla prevenzione ed il trattamento del PU.  E’ stata riconosciuta come una delle organizzazioni leader in questo campo nel paese. Ha avuto successo nell’influenzare almeno in parte la classe politica ed i donatori internazionali.  WRRP supporta e fa lobby sui diritti riproduttivi delle donne, incluso lo spingere perché il problema del PU sia incluso nella National Health Policy and Reproductive Health Strategy.  E’ stata fondata una alleanza di organizzazioni coinvolte con il PU, il cui ruolo sarà di coordinare e fare lobby.
Non posso dire che questo sia derivato dal cambio di regime politico, ma si è sviluppato gradualmente, nel parlare con i politici, ed anche grazie alla pressione dei finanziatori internazionali.

Si.: ci puoi dare dei dettagli sulle dimensioni del problema?

Sa.:  in media il 10% delle donne in Nepal soffre di PU, ma se prendiamo in considerazione la regione del Terai orientale e le regioni collinose del Mahabharat Lekh), questa percentuale sale drammaticamente fino a 42%.  In un lavoro sul campo nel Terai abbiamo intervistati 400 donne, delle quali circa 249 soffrivano di PU (il 62.25%).

Nel 2006 uno studio coordinato dallo United Nations Population Fund ha osservato che vi sono 600.000 donne che soffrono di PU, ed ha stimato un numero di 200.000 donne che necessitavano di interventi chirurgici. Il numero è in aumento perché non molte ONG ne il governo lavorano sulla prevenzione, ed inoltre sempre più donne iniziano a parlarne. Il problema non è più una stigmate, per lo meno nelle zone dove il programma è stato implemenato. D’altro canto, nelle aree che non sono state sede di interventi, è ancora un tabù ed una stigmate.
Durante le sommosse nel Terai orientale 700 donne si fecero avanti richiedendo una cura per la condizione, cosa questa piuttosto rara perché le donne del Terai di solito non vengono fuori dalle case a parlare apertamente con altre persone.  Si fecero avanti perché avevano saputo che esisteva una cura ed anche delle strutture adatte allo scopo.

In Nepal, generalmente, le donne si sposano a 13-15 anni. Questo significa che partoriscono molto giovani. Nello studio effettuato nel Terai orienale, il 38% delle donne soffre di PU dopo il loro primo parto. Questo mostra che i matrimoni precoci (prima dei 20 anni) sono una delle ragioni della prevalenza del PU, mentre altri fattori importanti sono la cattiva nutrizione, utero immaturo, carico di lavoro eccessivo sia prima sia dopo il parto (a volte le donne iniziano a lavorare solo 3 giorni dopo il parto). Importante anche la mancanza di riposo post-partum, il fatto che molte donne partoriscano da sole, nella propria casa, senza l’aiuto di una ostetrica o di una vicina/parente (il 91% nelle aree rurali),  a volte ponendo eccessiva pressione sull’addome durante il parto. Altre ragioni sono la elevata frequenza dei parti e la riduzione del periodo tra i parti.

E c’è da sottolineare il fatto che il PU è più di un problema meramente medico; il problema si radica profondamente nelle discriminazioni di genere. Per esempio, quando nasce una bambina, la famiglia non è felice ed e sa non riceve tutte le cure che sono riservate ai fratelli, la sua dieta non è corretta e sufficiente, sono discriminate sotto tutti gli aspetti. Questo significa che la tradizione impedisce alle ragazze di avere una crescita normale nell’età della pubertà.

Si.: diresti quindi che le cause di questa epidemia sono principalmente di tipo sociale?

Sa.: tieni in mente che la povertà è un fenomeno molto diffuso in Nepal, ma che la malnutrizione deriva principalmente da discriminazione di genere, perché anche donne che provengono da famiglie benestanti si presentano con PU. In una tipica famiglia nepalese la nuora mangia sempre dopo per ultima, e se non c’è cibo rimasto, non mangia.
Per di più, queste donne non hanno accesso all’educazione, lavorano molto duramente in casa, dall’età di 5 anni non si fermano mai, continuano a lavorare anche se hanno un prolasso. Gli uomini non sono nemmeno coscienti che questo sia un problema; sia gli uomini sia le donne pensano che sia normale soffrire di PU dopo il primo parto.

Si.: Quindi quali sono a tuo parere le strategie sulle quali concentrarsi?

Sa.: senza dubbio dobbiamo concentrarci sull’educazione alla prevenzione alle donne e alla famiglia in genere. I matrimoni tra bambini devono essere vietati, si devono insegnare strategie di pianificazione familiare per ridurre la multiparità e per aumentare il tempo tra i parti, si deve intervenire sull’igiene, sulla nutrizione, sui parti seguiti da ostetriche o operatori sanitari, sui periodi di riposo in gravidanza e post-partum. Soprattutto, le donne devono ottenere il controllo sul proprio corpo e sui propri organi riproduttivi, dovrebbero avere accesso a strutture sanitarie e dovrebbero poter esprimersi sui propri diritti.

La soluzione risiede nella prevenzione e non nella chirurgia. Quest’anno  (2009) il governo ha pianificato 12.000 interventi chirurgici; indubbiamente questo è uno sforzo molto importante ma non risolverà il problema a meno che allo stesso tempo non siamo in grado di offrire una educazione alla prevenzione. Questo è un problema che è stato brevemente affrontato ma l’intervento si è limitato a 2-3.000 soggetti.

Si.: Samita, potresti spiegarci come è successo che CAED (che ricordo, è una ONG agroforestale) è arrivata ad interessarsi di questo problema?

Sa.: CAED è nato nel 1991 come ONG agroforestale e sugli NTFP, lavorando inizialmente con la comunità minoritaria dei Chepang.
Avevamo avuto una buona esperienza con questa comunità ed abbiamo adatato questa esperienza nella regione dell’ovest del distretto di Achham, lavorando con i Dalit, i Paria o intoccabili.
Mentre stavamo lavorando in campo fummo avvicinati da delle coppie che volevano discutere problemi di genere, ed alcune donne  parlarono del PU ai membri del nostro staff, spiegando che stavano soffrendo molto. Pensammo che se intendevamo lavorare con le istanze femminili dovevamo affrontare questo problema, presente ormai da decenni. Abbiamo iniziato ufficialmente a lavorare con il PU nel 1998.

Si.: e cosa avete fatto a livello pratico?

Sa.: abbiamo iniziato a discutere con gli ufficiali distrettuali, abbiamo portato le donne perché discutessero di queste istanze a vari livelli, anche a livello ministeriale.  Stavamo tentando di far includere questo problema nel Public Health Scheme/Program (schema sanitario nazionale). Abbiamo anche iniziato a parlare ai giornalisti, perché portassero allo scoperto il problema, per il pubblico generale, per il governo e per i donatori internazionali. Eravamo pienamente consapevoli del fatto che una ONG non può risolvere il problema da sola, e del fatto che è un diritto basilare delle donne quello di ricevere tutti i trattamenti necessari.
Comunque, abbiamo iniziato ad insegnare alle donne e agli operatori sanitari governativi delle strategie preventive di base, metodi per l’inserzione dei pessari (anelli di gomma, di plastica o di silicone collocati nella vagina per sostenere l’utero) ed esercizi per il pavimento pelvico, ed anche l’utilizzo di piante medicinali.

Pessari di gomma
Pessari di gomma

In particolare abbiamo osservato che i rimedi vegetali più comunemente utilizzati erano dei semicupi di acqua tiepida e foglia polverizzata di Neem (Azadiractha indica –  Meliaceae),  o decotti di corteccia di Mango (Mangifera indica –   Anacardiaceae); queste operazioni erano però difficili per molte donne, perché in moltio casi esse non avevano una bacinella o un bagno separato dove farle.
Un altro rimedio utilizzato era l’alcol ottenuto dal frutto del butter tree, mahwa o mahua (Madhuca longifolia – Sapotaceae) usato come medicina per debolezza muscolare e perdite biancastre.

Neem
Neem

Mango
Mango

Butter tree
Butter tree

400 operatori sanitari sono stati preparati nell’ovest e nel Terai orientale, e 100 operatori sociali locali sono stati formati sugli argomenti dei diritti delle donne e sulla discriminazione di genere. 14 ONG locali hanno continuato il lavoro.

I quattro punti fondamentali del nostro programma ora sono:
•    Capacity Building delle ONG locali, dei facilitatori di coppia locali e degli operatori sanitari governativi.
•    Educazione alla prevenzione a livello locale.
•    Lavoro di lobby e di pubblicizzazione a vari livelli (di villaggio, di Distretto, nazionale, media, partiti politici, autorità locali e ministri interessati)
•    Trattamenti chirurgici (pochi)

Si.: i vostri sforzi sono stati coronati da successo?

Sa.: fino ad un certo punto si, da quando abbiamo iniziato il nostro intervento l’istanza del PU è stata introdotta nel programma governativo sulla salute riproduttiva, esiste un programma nazionale specifico sul PU, i media (internet, televisione e radio) ne hanno parlato molto. Qualche mese fa c’è stato un breve intervento del primo ministro alla TV.

Non siamo solo, per lo meno non più, e ci sono altre ONG al lavoro, ma vorrei dire che CAED è ancora l’unica che combina l’aspetto curativo a quello preventivo.
Da quando il problema è diventato “famoso”, i donatori internazionali hanno mostrato più interesse e stanno offrendo finanziamenti; è chiaro che molte ONG sono attratte da questa nuova dimensione. Penso però, a volte, che questa attrazione abbia a che vedere con gli affari, dato che molte di queste ONG si concentrano esclusivamente sulI’aspetto curativo, e fanno pagare cari gli interventi chirurgici, e nello stesso momento abbiamo bisogno di programmi di prevenzione.

Si.: Samita, ci hai spiegato che CAED si è interessata al PU per la prima volta nell’Ovest. La situazione è differente in altre aree del Nepal?

Sa.: come ho detto precedentemente, abbiamo scoperto che anche le donne del Terai soffrono di PU. Nel Terai orientale abbiamo censito 2.300 donne, ed abbiamo riscontrato una prevalenza di PU del 37%.  Il governo ed altre ONG erano al momento del tutto inconsapevoli della dimensione del problema.
Arriverei a dire che nelle aree rurali la maggior parte delle donne soffrono di prolasso, mentre nella regione tibetana il problema è minore, ma i dati a disposizione sono pochissimi, ed è quindi difficile dare numeri specifici ed accurati.
Secondo alcuni ricercatori la prevalenza è minore nei distretti del Mustang e di Solukhumbu, mentre un censimento del Nepal centro-occidentale, in particolare del distretto di Mugu, nella regione del Karnali, mostra una prevalenza elevata.
Una delle possibili ragioni per la prevalenza nelle aree rurali occidentali è lo status molto basso delle donne, la presenza di molti tabù. Ma questo non spiega tutto, perché nella regione del Terai (che ha la stessa prevalenza), non ci sono gli stessi problemi di status o di tabù sulle mestruazioni.
E quindi torniamo a quanto detto prima:  mancanza di supporto durante il parto, livelli molto elevati di sforzo fisico e lavoro durante la gravidanza e prima e dopo il parto.

Si.: diresti che la religione gioca un ruolo nella prevalenza?

Sa.: insomma, nel Terai orientale sono prevalentemente Hindu, e questo certamente ha un ruolo con le differenze di genere, mentre nelle regioni himalaiane esistono religioni differenti con impatto differente sul ruolo femminile. La prevalenza sembra più elevata nelle donne appartenenti alle caste Brahmin e Chhettri che sono praticanti Hindu. Non volgio suggerire che vi sian un arelazione diretta con la religione, ma  a causa della fede e delle credenze della cultura Hindu, le donne sono trattate come intoccabili nel periodo mestruale e post-partum (almeno fino al 21o giorno). Vi sono così tanti tabù sociali legati alla religione che è innegabile che vi sia un legame tra PU e religione.

Si.: bene Samita, in conclusione, quali sono a tuo parere i prossimi passi necessari, o che come CAED avete programmato?

Sa.: brevemente, CAED è coinvolto attivamente nella attività di lobby presso il governo per sviluppare dele politiche specifiche sul PU, e nel breve termine intende condividere le proprie esperienze con altre ONG nel paese, pubblicizzando il problema per farlo conoscere ancora di più alla gente, ai politici perché se ne occupino sotto vari aspetti, intende inoltre formare sempre più operatori sociali, rappresentanti di ONG, donne attiviste e counselor, fornire educazione preventiva a livello locale, e continuare il suo lavoro di lobby e di supporto a livello generale.
Nel lungo termine dobbiamo promuovere una ricerca specifica a livello nazionale sul prolasso uterino, attraverso il governo, perché abbiamo bisogno di evidenmza scientifica specifica sui fattori che contribuiscono al PU.
Ma ancora più pressante è la necessità di rafforzare le donne sofferenti, di portare le loro voci alle autorità, di stabilire reti di donne sofferenti, perché sono loro le protagoniste.
Ho contatti con una ONG statunitense che ci aiuterà ad internazionalizzare questa istanza (The Advocacy Project).

Per ultimo, vorrei dire che il prossimo passo per noi è quello di diventare una resource ONG, sulla scorta della nostra esperienza. Abbiamo imparato così tanto dal livello locale, abbiamo esperienza nel far conoscere il problema, nel utilizzare il PU come punto di entrata nel problema più generale della riduzione della discriminazione e della violenza di genere.  Abbiamo esperienza di lavoro sia a livello locale si a livello nazionale.


Risorse in rete

Situazione diritti umani Nepal 2008

Prolasso uterino stampa nepalese

The advocacy project: uterine prolapse alliance

Joint Report UNFPA e TU teaching hospital Kathmandu

Studio di Bonetti su prolasso uterino

Studio di Bodner-Adler su prolasso uterino

Seconda conferenza sulla maternità

Report CAED

1 Maggio con il Quincho

Come ogni anno, i ragazzi e le ragazze del Quincho Barrilete hanno organizzato la festa del primo maggio, ed essere presente mi ha fatto, come sempre, un grande piacere. La birra è buona, il vino pure, la comida anche 🙂

Ma soprattutto ci unisce a questa festa la comune esperienza (nostra e di chi la organizza) di lavoro nel progetto Los Quinchos in Nicaragua (Managua e San Marcos), la comune emozione nel parlare del progetto, dei bambini diventati ragazzi. Per me è stata la prima esperienza di volontariato e di lavoro con i bambini di strada, e in molto modi ha condizionato la mia vita.

Presto un post più esteso su questo progetto.

Al prossimo primo maggio a Bolzano!