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Flora batterica intestinale e salute del sistema immunitario.
In un articolo pubblicato oggi su Nature, alcuni ricercatori australiani hanno esaminato i meccanismi alla base dell’influenza della dieta sulla flora batterica intestinale e sulla funzionalità del sistema immunitario.

Sappiamo già molto sul fato ed il ruolo delle fibre insolubili una volta ingerite, sulla loro funzione di lassativi di massa, di spazzini, e della loro trasformazione batterica nel colon in acidi grassi a catena corta che possono essere assorbiti o agire localmente come antinfiammatori e anticolitici (e qui, e qui, e poi qui).

Più complessa è la faccenduola quando si tenta di capire perché questi cosiddetti prebiotici (ed i probiotici come i fermenti lattici) agiscano anche su patologie infiammatorie ed autoimmuni (o coinvolgenti il sistema immunitario) sistemiche come asma, diabete tipo 1, artrite reumatoide, eczema, ecc.

Qualche idea la si aveva, naturalmente, ma lo studio in pubblicazione aiuta a rivelare i meccanismi a livello molecolare (almeno nei topi). Uno dei recettori presenti alla superficie delle cellule del sistema immunitario (una proteina chiamata GPR43), che si lega agli acidi grassi a catena corta, sembra fungere da recettore antinfiammatorio, ed a regolare quindi la risposta proinfiammatoria. Sempre questo studio sottolinea che non è soltanto la presenza di acidi grassi a catena corta ad essere importante per la modulazione immunitaria, ma anche la salute ed il tipo di flora batterica presente, e che queste due variabili sono in realtà interconnesse, nel senso che cambiamento di dieta modificano la flora batterica, la quale a sua volta cambia il modo in cui noi utilizziamo le fibre insolubili della dieta.

Questo dato, di per se non rivoluzionario dal punto di vista clinico per chi già riconosceva l’importanza della dieta nella salute, è però importante come passaggio verso una maggior comprensione dei meccanismi interconnessi dell’organismo, e mi rafforza nella mia idea di clinico che prima di iniziare una terapia a base di piante (le cui molecole sono spesso modificate nel colon) è necessario valutare e se necessario intervenire sulla salute del colon.

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“The notion that diet might have profound effects on immune responses or inflammatory diseases has never been taken that seriously” said Professor Mackay. “We believe that changes in diet, associated with western lifestyles, contribute to the increasing incidences of asthma, Type 1 diabetes and other autoimmune diseases. Now we have a new molecular mechanism that might explain how diet is affecting our immune systems.”

“We’re also now beginning to understand that from the moment you’re born, it’s incredibly important to be colonised by the right kinds of gut bacteria,” added Kendle. “The kinds of foods you eat directly determine the levels of certain bacteria in your gut.”

“Changing diets are changing the kinds of gut bacteria we have, as well as their by-products, particularly short chain fatty acids. If we have low amounts of dietary fibre, then we’re going to have low levels of short chain fatty acids, which we have demonstrated are very important in the immune systems of mice.”

“Mice that lack the GPR43 gene have increased inflammation, and poor ability to resolve inflammation, because their immune cells can’t bind to short chain fatty acids.

“The role of nutrition and gut intestinal bacteria in immune responses is an exciting new topic in immunology, and recent findings including our own open up new possibilities to explore causes as well as new treatments for inflammatory diseases such as asthma”, said Professor Mackay.

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Sempre sull’infiammazione, olio di pesce
Rimanendo centrati (Oooommmm…) sul problema dieta-infiammazione-salute, ecco un articolo pubblicato oggi, sempre su Nature, sugli effetti dell’olio di pesce sulla artrite reumatoide. Come per l’articolo precedente, anche in questo caso non si tratta di una scoperta rivoluzionaria ma della conferma di una attività già conosciuta e riconosciuta a livello clinico, ma soprattutto della descrizione dei meccanismi (di uno dei meccanismi, con tutta probabilità) di azione dell’olio di pesce.
Gli acidi grasso essenziali omega-3 (presenti in percentuali significative negli olii di pesce azzurro) vengono convertiti nell’organismo in una classe di mediatori antinfiammatori chiamati resolvine. La presente ricerca ha chiarito che l’acido docosaesaenoico (DHA – un omega 3) viene convertito in Resolvina D2, un potente antinfiammatorio. I ricercatori hanno anche delucidato la struttura di questa sostanza.

A quanto pare la RvD2, efficace a dosi molto basse, stimola le cellule endoteliali vascolari a rilasciare ossido nitrico (un mediatore fondamentale dei processi infiammatori ed ossidativi) che a sua volta inibisce il legame dei leucociti all’endotelio stesso, un passaggio chiave nei processi infiammatori secondari a delle lesioni. Parlare di lesioni all’endotelio vasale e di ossido nitrico porta subito a pensare a disturbi cardiovascolari e diabetici, ed infatti questi sono i campi di applicazione menzionati nell’articolo. Inoltre dallo studio è emersa una attività finora non riconosciuta della RvD2, ovvero la sua capacità di stimolare i leucociti a agire in maniera più efficace sulle infezioni ematiche, per cui la sostanza potrebbe funzionare come regolatore dei leucociti e della sepsi microbica, come coadiuvante in caso di aterosclerosi, infarto ed artrite, senza gli effetti di immunosoppressione tipici di altri antinfiammatori.