Silphion feat. Piccioli: “La figura femminile nella Medicina”

Ricevo dall’amica Ilde Piccioli, strega toscana oltre che farmacista, specialista in Scienza e Tecnica delle Piante Medicinali e Fitoterapia, il seguente trattatello, che con piacere ospito e pubblico.
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Il ruolo della donna, fin dall’antichità era deputato a mantenere il buon funzionamento della casa ed il dialogo Economico dello storico Senofonte, discepolo di Socrate, ne è testimone,  indicando molto bene l’ambito di conoscenze e competenze , riservato alle donne.

In età ellenistica ad Atene ed Alessandria esistevano università in cui le donne potevano insegnare e seguire insegnamenti. Per i Romani invece la situazione della donna era molto diversa e difficile e già  a partire dal momento della nascita il padre poteva, se desiderava, non sollevarla dal terreno su cui la levatrice l’aveva posata e  perciò farla morire.

Alle fanciulle erano riservati studi generali, mentre la Vestali, Sacerdotesse della antichissima dea Vesta, che ne custodivano il tempio, mantenendo sempre acceso il fuoco, ricevevano istruzione in campo scientifico, conoscendo erboristeria e farmacologia. Nell’alto Medioevo, la trasmissione della cultura era quasi esclusivamente orale, basata sull’esempio, il consiglio o imitazione di saperi concreti. I conventi maschili e femminili erano un luogo di elaborazione e trasmissione della conoscenza.  e solamente nel IX secolo ci fu una laicizzazione della cultura ed la creazione di  strutture educative pubbliche.

Per secoli, il divario culturale fra i sessi fu consistente, conferendo alla donna un ruolo di subordinazione e limitazione, in seguito col concilio di Trento e l’introduzione della clausura si scoraggiò definitivamente qualsiasi tipo di autonomia, studio e ricerca ,sia delle monache ma anche di tutte le donne.  Dal 1500 in poi inizia la” caccia alle streghe, mentre dal 700′ in poi si preparavano le bambine ad una vita faticosa dedicata al lavoro domestico ad approntare cibo, abbigliamento e riscaldamento, per tutta la famiglia.

” Le fanciulle hanno bisogno fino dagli anni più teneri di essere avvezzate a quel contegno tranquillo e posato che tanto è favorevole alla modestia e alle grazie, ed è necessario dar loro fin da principio abitudini che le rendano sedentarie”

questo è quanto veniva consigliato nell’800, per quanto concerne l’educazione femminile. Dobbiamo arrivare agli inizi del’900 per trovare una presenza abbastanza significativa di donne che potevano studiare e frequentare le università, non senza problemi e conflittualità e a tutt’oggi non è stata ancora raggiunta la completa parità.

Questo è quanto avveniva in generale, ma se andiamo a guardare il campo medico, e curativo, possiamo notare che fin dalla preistoria le donne erano dedite alla raccolta di frutti e radici, per il sostentamento e la cura del proprio clan, perciò, grazie alla loro esperienza nel campo delle piante medicinali e velenose, commestibili e non, misero anche le basi della botanica e della medicina.

Attraverso l’uso del fuoco, con la cottura, fu poi possibile trasformare chimicamente le sostanze e ottenere medicamenti e cosmetici, da usarsi in cerimonie religiose e danze rituali.  Sempre le donne svilupparono l’agricoltura, conservando le sementi, selezionando cereali selvatici e facendo esperienza di coltivazione ed uso di piante, sia come alimenti che come farmaci. Nei popoli antichi, in campo medico, la presenza femminile è stata sempre particolarmente  significativa, le donne erano per tradizione guaritrici e levatrici.

Ad Atene operò Agnodice, che travestita da uomo, studiò medicina ad Alessandria e sotto mentite spoglie esercitò l’arte medica, acquisendo enorme fiducia fra le donne dell’ariostocrazia, a tal punto che la salvarono dalla condanna a morte , quando fu poi scoperta la sua vera identità sessuale.

Per i romani la donna ideale era rappresentata dalla dea del silenzio Tacita Muta; questo sta ad indicare il ruolo attribuitole in quell’epoca, ma soprattutto in quale considerazione era tenuto il sapere femminile.

Nella realtà il sapere della donna era fortemente temuto dagli uomini e veniva osteggiato, ne sono di esempio i diversi processi che videro numerose matrone imputate di aver fatto uso di “venena”, cioè medicamenti. A testimonianza di ciò si ricorda il processo che si svolse attorno al 180 a.C. in cui vennero condannate a morte 2000 donne.

Tuttavia l’assenza degli uomini per la lunghe campagne militari, permise alle donne una maggior indipendenza  economica e di conseguenza una maggior autonomia, sia a livello psicologico che sociale e questo permise a molte donne  di sviluppare una conoscenza più approfondita in diversi ambiti culturali, in particolar modo in medicina. Si ricordano Metrodora, Cleopatra, la chirurga ginecologa Aspasia e altre ancora.


Di Metrodora si conserva tuttora un trattato di medicina alla biblioteca Laurenziana di Firenze.

Il centro della cultura mediterranea in tale periodo era Alessandria d’Egitto, con la sua famosa scuola il Museion, dedicato alle Muse, patrone delle arti e delle scienze. Lì vi aveva anche sede la famosissima biblioteca che raccoglieva tutti i testi prodotti fino ad allora e che fu poi distrutta in seguito, ad opera degli Arabi.

Molti studiosi di quell’epoca insegnarono a questa scuola contribuendo a renderla famosa in tutto il mediterraneo, a questo polo culturale partecipò, nel I° sec. d.C.,  anche Maria L’Ebrea la più importante alchimista dell’antichità. Di lei restano un testo dal titolo Maria Pratica e alcuni frammenti delle sue dissertazioni.

Il suo operato teorico-pratico, ha  costituito le basi dell’alchimia occidentale e i fondamenti della chimica moderna. Si occupò della formulazione e manifattura di farmaci, cosmetici, profumi, e si devono a lei l’invenzione di tecniche di laboratorio, apparecchiature sperimentali per la distillazione e la sublimazione, alcune delle quali tutt’oggi in uso, come ad esempio il bagnomaria “balneum mariae“, recipiente a doppia parete, nella cui intercapedine, è presente acqua ,utilizzato per il riscaldamento graduale ed uniforme di sostanze. L’importanza che le donne ebbero in quel periodo, viene messa in risalto dal fatto che i lavori alchimistici venivano in generale denominati “Opus mulierum” (opera femminile).

Abbiamo però pochi documenti scritti del lavoro da loro svolto, perchè dette conoscenze erano tramandate oralmente da donna a donna e spesso, quando lasciavano materiale scritto, usavano o nomi maschili o pseudonimi di fantasia.

In seguito nel periodo medievale, dai monasteri emersero molte donne erudite soprattutto badesse, come la naturalista e filosofa Ildegarda di Bingen.

La vita monastica rappresentava all’epoca una valida alternativa al matrimonio, e per molte famiglie ricche, anche la possibilità di non disperdere il patrimonio; in più nei conventi le donne avevano l’opportunità di accedere ai testi presenti nelle biblioteche e di conseguenza anche  istruirsi. Successivamente con il crescente sviluppo economico, i conventi divennero inadeguati come centri di cultura ed incapaci di rispondere ai bisogni di una società che stava espandendosi.

Nacquero così nell’XI sec., i primi centri laici di istruzione, le “Universitas Studiorum“, quali Bologna e Salerno, ed in seguito  Parigi ed Oxford. Solo gli uomini erano ammessi a frequentare questi studi, eccezion fatta per l’Italia dove si hanno notizie di donne che insegnavano e frequentavano alcuni corsi, ed in particolare alla Scuola Medica di Salerno.

Si ha notizia di una cospicua presenza di donne che esercitavano la professione medica, con una formazione extra-accademica, molte volte si affiancavano ai medici laureati alle università, in un rapporto spesso conflittuale. Per gli uomini gli studi prevedevano molta teoria, ma avevano poca dimestichezza con la cura degli ammalati, mentre le donne avevano una formazione pratica sotto la guida di altre professioniste esperte. Vi furono degli ambiti medici esclusivamente di competenza femminile, come l’ostetricia e la ginecologia, ma anche nella cura dei “mali dell’anima”, le donne furono le prime operatrici, per questo si possono considerare anche pioniere della psicologia. Farmaciste e cerusiche erano organizzate in corporazioni, mentre guaritrici e levatrici, disponevano di metodi contraccettivi, procuravano aborti , davano assistenza alle donne durante la gravidanza  e  parto, effettuando anche parti cesarei.

In Italia venne mantenuta la presenza di donne di medicina ,così come era tradizione anche in epoca romana e Trotula e le Mulieres della scuola Salernitana ne sono l’esempio, infatti Salerno ,che a quei tempi era un centro di scambio  commerciale conosciuto in tutto il mediterraneo ,rappresentò il primo centro di cultura non controllato dalla Chiesa e la prima Università europea, ma soprattutto, aveva la peculiarità di essere aperta anche alle donne.

Poco si conosce di Trotula de Ruggiero, discendente di un antico e nobile casato, e come tale ebbe la possibilità di frequentare le scuole superiori e di specializzarsi in medicina. Visse a Salerno intorno al 1050, sposo il medico Giovanni Plateario da cui ebbe due figli che seguirono la stessa professione dei genitori.

Lasciò parecchi trattati di medicina, soprattutto in campo ginecologico e dermatologico, dimostrando approfondite conoscenze della scuola di Ippocrate e di Galeno. Raccolse gli insegnamenti di sette grandi maestri della Scuola, nel testo De Agritudinum curatione ed insieme al marito ed i figli scrisse un manuale di medicina. Inoltre elaborò un trattato sulla cura delle malattie della pelle, conosciuto come Trotula minor, nel quale descrive rimedi per l’igiene del corpo e da consigli su come migliorare lo stato fisico con massaggi e bagni, per questo si può  considerare una anticipatrice della naturopatia. Ebbe idee innovative per quanto riguarda l’approccio preventivo alla salute,consigliando un corretto stile di vita, una sana alimentazione e soprattutto per quell’epoca una adeguata igiene del corpo.

Nel suo trattato di cosmesi De ornatu mulierum fornisce ricette su come curare e tingere i capelli, combattere l’alito cattivo e sbiancare i denti, depilarsi, togliere le borse sotto gli occhi, truccare viso e labbra. I suoi studi in campo ginecologico ed ostetrico, furono notevoli, e soprattutto nella trattazione degli argomenti non vi era nessun accento moralistico, cosa inusuale per quei tempi. Si occupò di malattie sessuali, di sterilità ricercando le cause, non solamente nella donna ma anche nell’uomo, contrariamente a quanto era affermato all’epoca.

Studiò nuove metodologie per rendere il parto meno doloroso e per il controllo delle nascite. Tutta questa mole di lavoro fu di molta utilità alle donne che ricorsero alle sue cure e divenne parte della tradizione popolare; i suoi scritti furono anche usati come testi classici presso le maggiori scuole di medicina fino al XVI° sec. Sono arrivati a noi diversi documenti di poco successivi all’epoca di Trotula, che parlano di lei come donna rinomata nell’arte medica a Salerno, sono documenti che provengono da diverse parti dell’Europa. Questo sta a significare quanto ampia fosse la sua fama.

Un altro suo testo, “De passionibus Mulierum Curandarum“, conosciuto successivamente come Trotula major, venne trascritto ed utilizzato fino al XIX sec., ma nel corso del tempo venne attribuito ad un fantomatico medico “Trottus”, così come avvenne anche per altri testi scritti da donne.

Alcuni storici cercarono di negare l’autenticità dei suoi testi, obbiettando che una donna non poteva aver scritto testi così importanti ,ma contrariamente a ciò,alla fine dell’ottocento, l’opera di Trotula  fu pienamente riconosciuta grazie, agli studi di ricercatori italiani.


Troviamo all’incirca nella stessa epoca ma questa volta in Germania, una figura molto importante ed eclettica che, per la peculiarità del suo lavoro, è tuttora attuale. Si tratta di Ildegarda di Bingen, che nacque nel 1098 in Sassonia, da una famiglia aristocratica e dall’età di otto anni fu chiusa in convento, dove la zia Yutta era badessa. Pur non avendo ricevuto un insegnamento sistematico,studiò in parte sotto la guida della zia ed in parte come autodidatta, divenne una donna di grande cultura che conosceva bene  sia il pensiero medievale, che quello antico, reintrodotto in occidente tramite la cultura araba.

Di salute cagionevole, trascorse molto tempo a letto a causa di numerose malattie ed in quei frangenti ricevette molte visioni, che tenne nascoste fino all’età di 42 anni, ma che trascrisse nei suoi trattati mistici. L’autenticità delle sue visioni fu esaminata in seguito, da una commissione papale e quando il papa Eugenio III, nel 1147 pronunciò il riconoscimento ufficiale della chiesa, divenne una figura pubblica e nota in tutta Europa. Ildegarda fu una donna autorevole ed impegnata sia sul piano politico che culturale, fu spesso in contrasto con il clero della chiesa cattolica, fondò il monastero di Bingen, in Germania diventandone poi badessa. La sua personalità fu straordinaria, soprattutto se pensiamo all’epoca in cui visse, resta la più celebre fra le religiose e le  scienziate medievali.

Spaziò dalla medicina alle scienze naturali, alle composizioni musicali, e alla pittura: Ildegarda non rivendicò mai una ispirazione autonoma delle sue opera,  ma preferiva definirsi “il piccolo messaggero di Dio”.

Produsse molti testi: una cosmologia inclusa nel Liber Scivias e nel Liber Divinorum operum, il Liber vitae meritorum, terzo libro di visioni, nel quale Ildegarda rappresentò una discussione fra vizi e virtù, che ritroviamo poi alla base della sua  concezione medica. Fu la prima donna a comporre brani musicali sacri, raccolti sotto il nome di “Symphonia harmoniae celestium revelationum”. Famose sono anche le sue lettere a vari destinatari, in cui Ildegarda trattò di diversi argomenti, soprattutto in riferimento a richieste di consigli di ordine spirituale.

Scrisse inoltre un’opera di argomento medico Causae et Curae ed un compendio di scienze naturali Physica, in cui sono riportate moltissime piante, animali ,pietre e metalli e le indicazioni delle loro proprietà curative. Ildegarda conosceva l’arte medica di Galeno e quella praticata nei conventi medievali ed era una famosa guaritrice e dotata di poteri miracolosi. Morì all’età di 81 anni, e sebbene non sia mai stata canonizzata, la chiesa ha concesso che sia onorata come una santa.

La sua intuizione scientifica può considerarsi di straordinaria modernità, infatti elaborò una visione terapeutica che preannuncia da vicino quella della medicina olistica. I suoi “rimedi” sono basati sulla teoria dei temperamenti, sul caldo e sul freddo, sull’umido e sul secco, e su un bilanciamento rispetto ad una carenza o ad un eccesso di sostanza. Alcune delle sue intuizioni, se non tutte sono tuttora utilizzate.

Intuizioni e visioni per la salute dell’essere umano

Ildegarda vedeva l’essere umano come parte di una relazione ecologica, afflitto  però dal “male di vivere” che lo poteva isolare pericolosamente e farlo ammalare.

In questo dunque possiamo vedere a sua attualità, che si esprime nella visione

della malattia come rottura dell’equilibrio fra corpo e spirito: l’uomo si ammala quando, quando è in conflitto con se stesso e con gli altri, quando subentrano emozioni negative come la rabbia, l’odio e la paura.

Salute e malattia dipendono quindi dall‘equilibrio tra corpo e Anima.

Secondo Ildegarda la guarigione avviene non solo tramite la tecnica o la medicina, ma occorre restaurare l’equilibrio interrotto , lavorando su se stessi, col perdono e con la consapevolezza dei propri stati d’animo: in pratica lavorando su ciò che ha  causato la disarmonia. Senza un risveglio e lo stimolo di questi poteri, che lei chiamava “virtù”, la guarigione non può verificarsi.

La parte centrale del suo pensiero ruota intorno alla Viriditas o energia vitale, intesa come rapporto tra l’uomo – con le sue riflessioni e le sue emozioni – e la natura, preziosa alleata per guarire dalle malattie.  La Viriditas riassume la nozione universale di salute, di prosperità e di bellezza, ciò che i latini chiamavano integritas (integrità) e i greci holon (il tutto).

Inoltre Ildegarda anticipa le indicazioni della recentissima medicina di genere, personalizzando la posologia del rimedio, a seconda che ad assumerlo fosse un uomo o una donna.
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BIBLIOGRAFIA:

S.Sesti, L.Moro: Donne di scienza , Pristem-Eleusi  seconda edizione marzo 2002

R.Levi Montalcino,G.Tripodi: Le tue antenate, ed. Gallucci 2009

a.a.v.v. : Il Farmaco nei tempi, dalle origini ai laboratori: ed. Farmitalia-Carlo Erba 1987

C.Zamboni: Filosofia donna, percorsi di pensiero femminile, ed. Giunti 1997

R. Schiller: Le cure miracolose di Suor Ildegarda, ed. Piemme 1994

G. Vicarelli: Donne di Medicina ed. Il Mulino 2008

G.Hertzka: Piccola Farmacia di Sant’Ildegarda, ed. Ancora Milano 1994

I. Porciani, Le donne a scuola. L’educazione femminile nell’Italia dell’Ottocento, ed. Il Sedicesimo, Firenze, 1987.

G. Bonadonna , Donne in medicina. Ed. Rizzoli Milano 1991

Siti consultati

www.universitadelledonne.it

www.scuolamedicasalernitana.it

www.accademiajr.it

Prolasso uterino in Nepal, un progetto da sostenere!

(English version here)

Finalmente riesco a pubblicare una intervista a cui tengo molto. Nel 2004, la prima volta che sono andato a lavorare in Nepal, la ONG con la quale collaboravo era il CAED (Centre for Agro-Ecology and Development), una ONG nata nel 1992 per interventi nel campo agroforestale, conosciuta soprattutto per il suo progetto leader del 1993, SEACOW (School of Ecology, Agriculture and Community Works), e che ha una forte sensibilità per l’approccio sociale e di genere, e la convinzione che sia possibile lavorare nel campo dell’ecologia, dell’agricoltura sostenibile, della protezione ambientale e dei diritti umani usando uno stile di intervento distante da quello di stile fortemente occidentale tipico di molte altre ONG.
Avevo già parlato di questo gruppo in un post precedente, riguardo al loro lavoro con l’etnia Chepang. Già allora mi aveva colpito il lavoro multidisciplinare della ONG, che spingeva molto sui temi della mobilizzazione delle risorse locali da parte dei locali, sui processi di trasformazione piuttosto che su target predefiniti, ed in particolare su processi di autotrasformazione e di educazione degli adulti (REFLECT), sulla necessaria interconnessione tra temi ambientali e temi sociali, di genere, culturali ed identitari, e politici. Nel 2004 il CAED stava già lavorando al progetto sulla crisi del prolasso uterino, denominato Sustainable Livelihood Programme (SLP), e stavano in quei giorni filmando un documentario di educazione sanitaria indirizzato alle famiglie delle zone rurali.

Tra pochi mesi tornerò in Nepal cercando di documentare i progressi nel lavoro sull’etnia Chepang e nella campagna sul prolasso uterino, ed ho pensato che era ora che rendessi più disponibile ad un pubblico italiani questo progetto, che personalmente sostengo e che invito tutti a sostenere.
L’intervista è con Samita Pradhan, direttrice del programma sul prolasso uterino e cofondatrice di CAED.
Chi, dopo questa lettura, fosse interessato alla possibilità di sostenere il programma SLP, può contatarmi o contattare direttamente il Maya Fund presso il CAED (Maya Fund, CAED, P Box 4555, Kathmandu, seacow@healthnet.org.np)

La versione originale dell’intervista, in inglese, è qui

Silphion: ciao Samita, mi piacerebbe iniziare con una rassegna generale della situazione in Nepal in questi giorni, dopo le elezioni. Quanto facile, o difficile, è per te e per CAED continuare con le vostre attività? Come è cambiata la situazione dall’ultima volta che sono stato in Nepal (estate del 2006)?

Samita: in Nepal c’è al momento una crisi energetica,  ci sono solo 16 ore di elettricità  al giorno, solitamente concentrate alla sera, e praticamente non abbiamo acqua corrente, almeno nelle principali città e villaggi. C’è insufficiente scorta di prodotti petroliferi, le code per la benzina e per il gas da cucina sono lunghe, e rimaniamo con appena 10 ore di elettricità alla settimana nelle ore lavorative. E questi sono solo alcuni esempi

Si.: cosa c’è all’origine di questi problemi?

Sa.: le centrali elettriche lavorano solo parzialmente, a causa dei danni alla diga del Terai orientale causati dalle ultime inondazioni. Il governo non ce la fa a rispondere alle richieste di elettricità, le risorse sono insufficienti.
Dal punto di vista politico la situazione non è nè molto stabile nè molto sicura, gli episodi di violenza sono aumentati, come anche le proteste, le manifestazioni ed anche le uccisioni.

Si.: secondo te cosa quali sono le cause scatenanti di questa situazione?

Sa.: il cambio di regime dalla monarchia alla democrazia ha innalzato le aspettative del popolo, ed ora la gente vuole poter richiedere ciò che è loro di diritto.
Nel passato abbiamo pazientato troppo con il governo, ma ora dobbiamo imparare anche a non essere eccessivamente impazienti. E forse questo è un normale processo in momenti critici come questi.
D’altro canto, l’insoddisfazione è comprensibile, la vita non è facile senza elettricità e senza acqua, cosa che per molti significa senza lavoro e senza paga.  Le persone hanno normali esigenze di base, ed ora sono arrabbiate, ed anche se tutto questo non è responsabilità esclusiva dei maoisti, sono loro ad essere al comando ora. Non si tratta semplicemente della richiesta di una minima qualità di vita, la gente ha iniziato a reclamare i propri diritti da molte angolazioni, ad esempio si parla di diritti delle popolazioni indigene, di stato federale, delle popolazioni del Terai, dei dalit (gli intoccabili), della discriminazione e della violenza verso le donne, ecc.
Ci sono proteste in ogni dove, anche nei villaggi più piccoli. Qui a Kathmandu sono molto comuni le manifestazioni degli studenti e gli scioperi dei tassisti.

Si.: quindi i problemi e le violenze sono aumentate anche nella valle di Kathmandu?

Sa.: si, la valle di Kathmandu è meno sicura di una volta, e non sappiamo quanto tempo ci vorrà, una volta usciti di casa, per andare a lavoro o per visitare i luoghi che dobbiamo visitare.
Le regioni del Terai, che comprendono così tanti gruppi etnici diversi (Terai madhesis, tharus, dalits ecc.) con aspettative differenti, sono anch’esse molto instabili, mentre le regioni collinari (l’area del Mahabharat Lekh) sono più sicure.

Si.: e tutto questo ha un impatto sul progetto?

Sa.: tutti questi scioperi ritardano il procedere del progetto, molte volte siamo costretti a cambiare il programma della giornata, ed è molto difficile pianificare le cose in anticipo. La situazione ci fa sentire insicuri dato che le uccisioni sono diventate abbastanza comuni in Nepal

Si: Dopo questa rapida descrizione della situazione generale in Nepal, mi piacerebbe che introducessi il soggetto del prolasso uterino e del lavoro che state facendo in questo campo.

Sa.: Il problema del prolasso uterino era conosciuto da molto anni ma non ha ricevuto alcuna attenzione, anche da parte delle ONG che lavoravano con le donne, o dal governo. CAED ha iniziato a lavorare  in questo campo perché era riportato come un problema scottante per le donne del distretto di Achham, nell’ovest. Negli anni sempre più ONG e persone si sono interessate al problema ed hanno comunicato con le gente e i politici, dicendo che qualcosa era possibile fare. Il CAED ha nominato il programma sul PU Women’s Reproductive Rights Program (WRRP e qui, e qui una esperienza sul campo di una volontaria). Lavora sia a livello di base sia a livello politico. Si concentra principalmente su educazione alla prevenzione, azione pubblica e lobbying, per sensibilizzare uomini e donne sulle cause sociali e mediche, sulla prevenzione ed il trattamento del PU.  E’ stata riconosciuta come una delle organizzazioni leader in questo campo nel paese. Ha avuto successo nell’influenzare almeno in parte la classe politica ed i donatori internazionali.  WRRP supporta e fa lobby sui diritti riproduttivi delle donne, incluso lo spingere perché il problema del PU sia incluso nella National Health Policy and Reproductive Health Strategy.  E’ stata fondata una alleanza di organizzazioni coinvolte con il PU, il cui ruolo sarà di coordinare e fare lobby.
Non posso dire che questo sia derivato dal cambio di regime politico, ma si è sviluppato gradualmente, nel parlare con i politici, ed anche grazie alla pressione dei finanziatori internazionali.

Si.: ci puoi dare dei dettagli sulle dimensioni del problema?

Sa.:  in media il 10% delle donne in Nepal soffre di PU, ma se prendiamo in considerazione la regione del Terai orientale e le regioni collinose del Mahabharat Lekh), questa percentuale sale drammaticamente fino a 42%.  In un lavoro sul campo nel Terai abbiamo intervistati 400 donne, delle quali circa 249 soffrivano di PU (il 62.25%).

Nel 2006 uno studio coordinato dallo United Nations Population Fund ha osservato che vi sono 600.000 donne che soffrono di PU, ed ha stimato un numero di 200.000 donne che necessitavano di interventi chirurgici. Il numero è in aumento perché non molte ONG ne il governo lavorano sulla prevenzione, ed inoltre sempre più donne iniziano a parlarne. Il problema non è più una stigmate, per lo meno nelle zone dove il programma è stato implemenato. D’altro canto, nelle aree che non sono state sede di interventi, è ancora un tabù ed una stigmate.
Durante le sommosse nel Terai orientale 700 donne si fecero avanti richiedendo una cura per la condizione, cosa questa piuttosto rara perché le donne del Terai di solito non vengono fuori dalle case a parlare apertamente con altre persone.  Si fecero avanti perché avevano saputo che esisteva una cura ed anche delle strutture adatte allo scopo.

In Nepal, generalmente, le donne si sposano a 13-15 anni. Questo significa che partoriscono molto giovani. Nello studio effettuato nel Terai orienale, il 38% delle donne soffre di PU dopo il loro primo parto. Questo mostra che i matrimoni precoci (prima dei 20 anni) sono una delle ragioni della prevalenza del PU, mentre altri fattori importanti sono la cattiva nutrizione, utero immaturo, carico di lavoro eccessivo sia prima sia dopo il parto (a volte le donne iniziano a lavorare solo 3 giorni dopo il parto). Importante anche la mancanza di riposo post-partum, il fatto che molte donne partoriscano da sole, nella propria casa, senza l’aiuto di una ostetrica o di una vicina/parente (il 91% nelle aree rurali),  a volte ponendo eccessiva pressione sull’addome durante il parto. Altre ragioni sono la elevata frequenza dei parti e la riduzione del periodo tra i parti.

E c’è da sottolineare il fatto che il PU è più di un problema meramente medico; il problema si radica profondamente nelle discriminazioni di genere. Per esempio, quando nasce una bambina, la famiglia non è felice ed e sa non riceve tutte le cure che sono riservate ai fratelli, la sua dieta non è corretta e sufficiente, sono discriminate sotto tutti gli aspetti. Questo significa che la tradizione impedisce alle ragazze di avere una crescita normale nell’età della pubertà.

Si.: diresti quindi che le cause di questa epidemia sono principalmente di tipo sociale?

Sa.: tieni in mente che la povertà è un fenomeno molto diffuso in Nepal, ma che la malnutrizione deriva principalmente da discriminazione di genere, perché anche donne che provengono da famiglie benestanti si presentano con PU. In una tipica famiglia nepalese la nuora mangia sempre dopo per ultima, e se non c’è cibo rimasto, non mangia.
Per di più, queste donne non hanno accesso all’educazione, lavorano molto duramente in casa, dall’età di 5 anni non si fermano mai, continuano a lavorare anche se hanno un prolasso. Gli uomini non sono nemmeno coscienti che questo sia un problema; sia gli uomini sia le donne pensano che sia normale soffrire di PU dopo il primo parto.

Si.: Quindi quali sono a tuo parere le strategie sulle quali concentrarsi?

Sa.: senza dubbio dobbiamo concentrarci sull’educazione alla prevenzione alle donne e alla famiglia in genere. I matrimoni tra bambini devono essere vietati, si devono insegnare strategie di pianificazione familiare per ridurre la multiparità e per aumentare il tempo tra i parti, si deve intervenire sull’igiene, sulla nutrizione, sui parti seguiti da ostetriche o operatori sanitari, sui periodi di riposo in gravidanza e post-partum. Soprattutto, le donne devono ottenere il controllo sul proprio corpo e sui propri organi riproduttivi, dovrebbero avere accesso a strutture sanitarie e dovrebbero poter esprimersi sui propri diritti.

La soluzione risiede nella prevenzione e non nella chirurgia. Quest’anno  (2009) il governo ha pianificato 12.000 interventi chirurgici; indubbiamente questo è uno sforzo molto importante ma non risolverà il problema a meno che allo stesso tempo non siamo in grado di offrire una educazione alla prevenzione. Questo è un problema che è stato brevemente affrontato ma l’intervento si è limitato a 2-3.000 soggetti.

Si.: Samita, potresti spiegarci come è successo che CAED (che ricordo, è una ONG agroforestale) è arrivata ad interessarsi di questo problema?

Sa.: CAED è nato nel 1991 come ONG agroforestale e sugli NTFP, lavorando inizialmente con la comunità minoritaria dei Chepang.
Avevamo avuto una buona esperienza con questa comunità ed abbiamo adatato questa esperienza nella regione dell’ovest del distretto di Achham, lavorando con i Dalit, i Paria o intoccabili.
Mentre stavamo lavorando in campo fummo avvicinati da delle coppie che volevano discutere problemi di genere, ed alcune donne  parlarono del PU ai membri del nostro staff, spiegando che stavano soffrendo molto. Pensammo che se intendevamo lavorare con le istanze femminili dovevamo affrontare questo problema, presente ormai da decenni. Abbiamo iniziato ufficialmente a lavorare con il PU nel 1998.

Si.: e cosa avete fatto a livello pratico?

Sa.: abbiamo iniziato a discutere con gli ufficiali distrettuali, abbiamo portato le donne perché discutessero di queste istanze a vari livelli, anche a livello ministeriale.  Stavamo tentando di far includere questo problema nel Public Health Scheme/Program (schema sanitario nazionale). Abbiamo anche iniziato a parlare ai giornalisti, perché portassero allo scoperto il problema, per il pubblico generale, per il governo e per i donatori internazionali. Eravamo pienamente consapevoli del fatto che una ONG non può risolvere il problema da sola, e del fatto che è un diritto basilare delle donne quello di ricevere tutti i trattamenti necessari.
Comunque, abbiamo iniziato ad insegnare alle donne e agli operatori sanitari governativi delle strategie preventive di base, metodi per l’inserzione dei pessari (anelli di gomma, di plastica o di silicone collocati nella vagina per sostenere l’utero) ed esercizi per il pavimento pelvico, ed anche l’utilizzo di piante medicinali.

Pessari di gomma
Pessari di gomma

In particolare abbiamo osservato che i rimedi vegetali più comunemente utilizzati erano dei semicupi di acqua tiepida e foglia polverizzata di Neem (Azadiractha indica –  Meliaceae),  o decotti di corteccia di Mango (Mangifera indica –   Anacardiaceae); queste operazioni erano però difficili per molte donne, perché in moltio casi esse non avevano una bacinella o un bagno separato dove farle.
Un altro rimedio utilizzato era l’alcol ottenuto dal frutto del butter tree, mahwa o mahua (Madhuca longifolia – Sapotaceae) usato come medicina per debolezza muscolare e perdite biancastre.

Neem
Neem

Mango
Mango

Butter tree
Butter tree

400 operatori sanitari sono stati preparati nell’ovest e nel Terai orientale, e 100 operatori sociali locali sono stati formati sugli argomenti dei diritti delle donne e sulla discriminazione di genere. 14 ONG locali hanno continuato il lavoro.

I quattro punti fondamentali del nostro programma ora sono:
•    Capacity Building delle ONG locali, dei facilitatori di coppia locali e degli operatori sanitari governativi.
•    Educazione alla prevenzione a livello locale.
•    Lavoro di lobby e di pubblicizzazione a vari livelli (di villaggio, di Distretto, nazionale, media, partiti politici, autorità locali e ministri interessati)
•    Trattamenti chirurgici (pochi)

Si.: i vostri sforzi sono stati coronati da successo?

Sa.: fino ad un certo punto si, da quando abbiamo iniziato il nostro intervento l’istanza del PU è stata introdotta nel programma governativo sulla salute riproduttiva, esiste un programma nazionale specifico sul PU, i media (internet, televisione e radio) ne hanno parlato molto. Qualche mese fa c’è stato un breve intervento del primo ministro alla TV.

Non siamo solo, per lo meno non più, e ci sono altre ONG al lavoro, ma vorrei dire che CAED è ancora l’unica che combina l’aspetto curativo a quello preventivo.
Da quando il problema è diventato “famoso”, i donatori internazionali hanno mostrato più interesse e stanno offrendo finanziamenti; è chiaro che molte ONG sono attratte da questa nuova dimensione. Penso però, a volte, che questa attrazione abbia a che vedere con gli affari, dato che molte di queste ONG si concentrano esclusivamente sulI’aspetto curativo, e fanno pagare cari gli interventi chirurgici, e nello stesso momento abbiamo bisogno di programmi di prevenzione.

Si.: Samita, ci hai spiegato che CAED si è interessata al PU per la prima volta nell’Ovest. La situazione è differente in altre aree del Nepal?

Sa.: come ho detto precedentemente, abbiamo scoperto che anche le donne del Terai soffrono di PU. Nel Terai orientale abbiamo censito 2.300 donne, ed abbiamo riscontrato una prevalenza di PU del 37%.  Il governo ed altre ONG erano al momento del tutto inconsapevoli della dimensione del problema.
Arriverei a dire che nelle aree rurali la maggior parte delle donne soffrono di prolasso, mentre nella regione tibetana il problema è minore, ma i dati a disposizione sono pochissimi, ed è quindi difficile dare numeri specifici ed accurati.
Secondo alcuni ricercatori la prevalenza è minore nei distretti del Mustang e di Solukhumbu, mentre un censimento del Nepal centro-occidentale, in particolare del distretto di Mugu, nella regione del Karnali, mostra una prevalenza elevata.
Una delle possibili ragioni per la prevalenza nelle aree rurali occidentali è lo status molto basso delle donne, la presenza di molti tabù. Ma questo non spiega tutto, perché nella regione del Terai (che ha la stessa prevalenza), non ci sono gli stessi problemi di status o di tabù sulle mestruazioni.
E quindi torniamo a quanto detto prima:  mancanza di supporto durante il parto, livelli molto elevati di sforzo fisico e lavoro durante la gravidanza e prima e dopo il parto.

Si.: diresti che la religione gioca un ruolo nella prevalenza?

Sa.: insomma, nel Terai orientale sono prevalentemente Hindu, e questo certamente ha un ruolo con le differenze di genere, mentre nelle regioni himalaiane esistono religioni differenti con impatto differente sul ruolo femminile. La prevalenza sembra più elevata nelle donne appartenenti alle caste Brahmin e Chhettri che sono praticanti Hindu. Non volgio suggerire che vi sian un arelazione diretta con la religione, ma  a causa della fede e delle credenze della cultura Hindu, le donne sono trattate come intoccabili nel periodo mestruale e post-partum (almeno fino al 21o giorno). Vi sono così tanti tabù sociali legati alla religione che è innegabile che vi sia un legame tra PU e religione.

Si.: bene Samita, in conclusione, quali sono a tuo parere i prossimi passi necessari, o che come CAED avete programmato?

Sa.: brevemente, CAED è coinvolto attivamente nella attività di lobby presso il governo per sviluppare dele politiche specifiche sul PU, e nel breve termine intende condividere le proprie esperienze con altre ONG nel paese, pubblicizzando il problema per farlo conoscere ancora di più alla gente, ai politici perché se ne occupino sotto vari aspetti, intende inoltre formare sempre più operatori sociali, rappresentanti di ONG, donne attiviste e counselor, fornire educazione preventiva a livello locale, e continuare il suo lavoro di lobby e di supporto a livello generale.
Nel lungo termine dobbiamo promuovere una ricerca specifica a livello nazionale sul prolasso uterino, attraverso il governo, perché abbiamo bisogno di evidenmza scientifica specifica sui fattori che contribuiscono al PU.
Ma ancora più pressante è la necessità di rafforzare le donne sofferenti, di portare le loro voci alle autorità, di stabilire reti di donne sofferenti, perché sono loro le protagoniste.
Ho contatti con una ONG statunitense che ci aiuterà ad internazionalizzare questa istanza (The Advocacy Project).

Per ultimo, vorrei dire che il prossimo passo per noi è quello di diventare una resource ONG, sulla scorta della nostra esperienza. Abbiamo imparato così tanto dal livello locale, abbiamo esperienza nel far conoscere il problema, nel utilizzare il PU come punto di entrata nel problema più generale della riduzione della discriminazione e della violenza di genere.  Abbiamo esperienza di lavoro sia a livello locale si a livello nazionale.


Risorse in rete

Situazione diritti umani Nepal 2008

Prolasso uterino stampa nepalese

The advocacy project: uterine prolapse alliance

Joint Report UNFPA e TU teaching hospital Kathmandu

Studio di Bonetti su prolasso uterino

Studio di Bodner-Adler su prolasso uterino

Seconda conferenza sulla maternità

Report CAED

Nüdan/Neidan: corpo femminile e corpo maschile nella letteratura alchemica cinese

Una due-giorni sull’alchimia interna femminile nella Cina classica. Che c’entra con la medicina, o con le piante?

Beh, il blog è mio :-), e il legame tra alchimia (dall’ottimo sito di Fabrizio Pregadio) interna cinese (e vedi anche Pregadio qui) e medicina cinese è particolarmente interessante, ad esempio per esaminare le differenti prospettive sul corpo originatesi nel seno della stessa tradizione, a volte partendo dallo stesso autore, come nel caso di Sun Simo, uno dei più importanti autori classici della medicina cinese (autore dei testi classici Beiji qianjing yaofang e Qianjing yifang).
Le differenti pratiche utilizzate in alchimia interna hanno interessanti contatti con una parte della medicina tradizionale cinese, in particolare con la medicina macrobiotica, e più in generale possono chiarire la cosmologia e la fisiologia tradizionali, le differenze tra corpo maschile e corpo femminile (vedi qui il classico articolo della Despeux), e magari a demistificare un mondo, quello della tradizione cinese, che come gli altri deve essere compreso all’interno di contesti di cambiamento sociale e culturale, differenze di genere, influenze religiose, ecc.

A breve una intervista sui contenuti della conferenza.

Female Meditation Techniques in Late Imperial and Modern China

A two-day conference

Sunday, November 09, 2008
9:00 AM – 5:00 PM
10383 Bunche Hall
UCLA
Los Angeles, CA 90095

Female Alchemy (nüdan) is a branch of inner alchemy (neidan) that developed in China from the late Ming dynasty onwards. In the prefaces to texts as well as in treatises themselves, much importance is laid upon the “difference” of the female body, in terms of cosmological and physiological setup, from the male body. Male and female bodies are compared and emotions, loci, and fluids are discussed in detail. However, male/female physiological differences had always been widely acknowledged in medical and alchemical treatises. Thus the emergence of nüdan must also be closely tied to social developments, such as tensions about gender balance. As women become more and more active agents in the public space, especially in the religious arena, a safer alternative, one that could be practiced at home and did not require contact with male teachers or fellow practitioners, was offered through nüdan by male intellectuals. This is easily explained if we look at the growing concern for chastity and proper female behavior in the Qing dynasty, and is supported by extensive sections on female behavior in female alchemy treatises. This phenomenon, with its gender and social implications, is just starting to be discussed and the field is slowly growing:
Catherine Despeux was the first to identify it as a phenomenon to Western audiences in her book Les Immortelles de la Chine ancienne and in a subsequent English version, Women in Daoism, authored together with Livia Kohn. Elena Valussi wrote the first Ph.D dissertation on the nüdan tradition, it historical developments and social implication in 2003; Sara Neswald just finished writing a dissertation on nüdan and its relationship with Tantric Buddhism. Xun Liu has done extensive work on early nüdan writings and has written on gender in Daoism. Suzanne Cahill has investigated issues of gender in Daoism her whole career. Charlotte Furth has investigated visions of the female body in Chinese medicine. This workshop is the first attempt to come together and discuss this tradition from multiple angles.