Diario di viaggio in Nepal: 3

Eccoci di ritorno agli appunti di viaggio.
Eravamo rimasti al viaggio in Dolakha, lasciando in sospeso la visita alla unità di distillazione, ragione principale della visita alla regione, per ragioni strettamente professionali (controllo della situazione dal punto di vista della produzione e dal punto di vista organizzativo) e di interesse personale.
Come si diceva, eccoci arrivati all’unità di distillazione, a ca. 3500 mslm. L’ospitalità è sempre grande, il tè caldo e dolce…

Ma vediamo qualche dato su questo impianto, sul suo funzionamento e gestione.

L’unità di distillazione, Balem damgi, assieme ad altre due dislocate sempre in questa zona, anche se ad altitudini minori, è stata acquistata dalla Cooperativa Deudunga che le gestisce grazie ad un finanziamento della UNDP.
Il mio amico Khilendra ha scritto il proposal per Hymalayan BioTrade (HBT) allo scopo di ottenere il finanziamento, dato che già la Cooperativa Deudungaera stakeholder di HBT e insieme stavano cercando modi di sviluppare l’industria degli olii essenziali nella zona, che pur essendo relativamente ricca rispetto ad altre regioni, rimane pur sempre povera.

UNDP non è mai arrivata a controllare a che fine fossero stati spesi i propri soldi, ed anche se posso dire che HBT e Khilendra sono certamente tra i maggiori esperti nel campo dello sviluppo delle industrie rurali e dello sfruttamento sostenibile di NTFPs, ed anche se comprendo la necessità di organismi delle dimensioni di UNDP di decentrare e demandare ad altri parti anche importanti del proprio intervento, si rafforza sempre di più l’impressione di avere a che fare con consulenti e burocrati calati dall’alto, con pochissima esperienza sul campo, poca comprensione della situazione e delle forze in gioco, e pagati troppo…

Comunque, diamo un’occhiata all’apparato.

Per chi non avesse mai visto un distillatore di olii essenziali, diciamo che si tratta di un distillatore in corrente di vapore, in particolare di un distillatore ad acqua e vapore, ovvero un distillatore dove il flusso di vapore è saturo, o bagnato (ovvero con acqua sia in fase vapore che in fase liquida ma dispersa in goccioline molto piccole).

In questo caso particolare la fonte di vapore è direttamente sottostante al materiale vegetale, nella stessa caldaia di distillazione. Il materiale vegetale viene caricato all’interno della caldaia, su un piano perforato o di maglia metallica, al di sopra del livello dell’acqua.

Qui sotto un diagrammino…

La caldaia di distillazione è sigillata da un coperchio dotato di un tubo di raccordo, che vedremo subito. Il coperchio è di solito mantenuto solidale alla caldaia da una serie di morsetti o imbullonaggi, ma in questo caso viene utilizzato il metodo del sigillo ad acqua, ovvero il coperchio si inserisce in una canaletta sul bordo della caldaia, canaletta opportunamente riempita di acqua che impedisce la comunicazione con l’esterno.

Questo metodo, poco utilizzato al giorno d’oggi, permette una facile apertura della caldaia e velocizza i procedimenti di carico e scarico, ma non è in grado di assicurare una tenuta stagna in caso di pressioni particolarmente elevate (qui sotto il dettaglio della canaletta nella quale si inserisce il bordo del coperchio).

Quando l’acqua raggiunge il punto di ebollizione (ca. 89 gradi centigradi a questa altitudine) il flusso di vapore saturo (quindi che non supera gli 89 gradi) passa attraverso il materiale vegetale, interagisce con esso e con l’essenza in esso contenuta, in parte la estrae e la trasporta nello spazio saturo di vapore al di sopra del carico di materiale vegetale.

A questo punto i vapori misti di acqua e essenza passano dalla caldaia al condensatore, passando per un tubo di raccordo (eccolo qui sotto).

Il condensatore in questo caso è un condensatore a tubi multipli raffreddati ad acqua in controcorrente; i vapori passano dal tubo di raccordo ad una serie di tubicini che corrono paralleli immersi in un contenitore stagno dove scorre, in direzione contraria al flusso del vapore (quindi entra in basso ed esce in alto), acqua fredda.

Diagramma:

…e foto

Una volta condensato il liquido viene raccolto in un recipiente (detto a volte bottiglia fiorentina) che serve sia a raccogliere sia a favorire la separazione tra olio essenziale liposolubile ed acqua arricchita da composti volatili idrosolubili (detta acqua aromatica).

Qui sotto vedete un diagramma esplicativo (spero)..

e qui sotto il manager che versa acqua dentro il tubo ad imbuto che porta all’interno della bottiglia fiorentina

Qui sotto il dettaglio del liquido condensato (olio essenziale + acqua) che viene raccolto dall’imbuto della bottiglia fiorentina

La bottiglia fiorentina è costruita con un troppo-pieno che permette il drenaggio automatico dell’acqua in eccesso, e la conservazione dell’olio essenziale.

Una volta terminata la distillazione l’olio essenziale più leggero dell’acqua viene raccolto aggiungendo acqua alla bottiglia fiorentina impedendo il deflusso del troppo pieno, in questo modo il pelo dell’acqua sale e spinge l’olio essenziale ad uscire dal foro superiore e raccogliersi nel catino di raccolta…

… da dove viene poi estratto tramite rubinetto…

… e filtrato alla bell’e meglio per il trasporto.

L’olio essenziale viene trasportato dall’unità di distillazione alla casa del manager a Marbu, e da Marbu a Kathmandu, prima a piedi (fino a Singhpati) e poi in autobus. In tutto 2 o 3 giorni di viaggio.

In questo caso il materiale vegetale distillato erano le fronde di Juniperus recurva, uno dei due ginepri della zona, insieme al Juniperus indica.

Ecco qui sotto il prossimo carico pronto per la distillazione.

Dopo la raccolta dell’olio, è tempo di preparare l’unità per il prossimo carico. Si deve quindi eliminare il carico ormai esausto…

… e drenare l’acqua rimasta sul fondo della caldaia.

Sostenibilità
E veniamo alle criticità di sostenibilità, che sono di due tipi: problemi legati all’unità di distillazione e al suo utilizzo, e problemi legati ai materiali utilizzati.
Partiamo da alcune osservazioni sull’impianto.

E’ un impianto industriale da 2500 litri, che non utilizza un generatore di vapore separato.

Questo dettaglio purtroppo significa che non è stato possibile mettere in piedi un apparato per usare come combustibile il materiale vegetale esausto dopo la distillazione (come avviene per gli impianti che distillano Gaultheria), cosa che avrebbe permesso di sganciarsi dallo sfruttamento del legname della zona per il riscaldamento diretto.

La ragione per cui, a differenza delle unità di distillazione di Gaultheria spp. situate più in basso, l’apparato non comprende un generatore separato, è semplice: era troppo difficile trasportare anche il generatore fino a 3500 m. Già il trasporto della caldaia da sola è stato molto complesso, ed ha costretto a smontare in parte i ponti sospesi perché la caldaia era troppo larga e non passava attraverso i cavi tesi dei ponti stessi.

Tempo di distillazione

Una volta che il materiale vegetale arriva all’unità, i cinque componenti del team caricano la caldaia di acqua e poi di materiale vegetale, e quindi si inizia il processo.
Il tempo di operazione (dall’accensione del fuoco al termine della distillazione) è di circa 29 ore. Se togliamo da questo monte ore il tempo necessario a portare l’acqua alla temperatura desiderata prima di iniziare la distillazione, che è di circa 4-6 ore, ricaviamo un tempo di distillazione di circa 24 ore.

Ora, anche senza ulteriori calcoli mi sento di dire che il tempo di distillazione è eccessivamente lungo, e mantenendomi molto cauto direi che si può tagliare subito del 50% senza dover fare dei calcoli.

Vediamo perché: i processi interni alla carica vegetale che viene estratta non sono semplicissimi da descrivere, e dipendono molto dal materiale vegetale e dalle su condizioni, ma quello che empiricamente si può vedere è che la quantità di olio essenziale distillato per unità di tempo cambia nel tempo, e dopo un periodo nel quale la quantità si mantiene pressochè costante, si ha un cambiamento di pendenza della curva fin a raggiungere un quasi-plateau, ovvero una situazione dove all’aumentare del tempo di distillazione corrisponde un aumento minimo e sempre più ridotto di olio distillato.

Ora, se il mio scopo è l’estrazione totale di tutto l’estraibile dalla pianta aromatica, questa curva non mi interessa molto. Ma se il mio scopo è quello di far funzionare in maniera commercialmente (ed ambientalmente) sostenibile un impianto di distillazione la curva è di fondamentale importanza.
Se dopo un tempo t di distillazione, ed un corrispondente utilizzo di una quantità Qt di risorse (mettiamoci inseme sia il combustibile sia le ore-uomo), ho raggiunto il punto di quasi-plateau, ottenendo per esempio il 90% dell’olio teoricamente estraibile, ha senso che io operi per un periodo di tempo magari doppio o o triplo (2 o 3t), usando 2 o 3Qt, per ottenere magari un ulteriore 5% di olio essenziale?

Se il mio olio essenziale è di elevato valore commerciale, e se una parte significativa del suo valore commerciale risiede nella sua completezza, o addirittura proprio nella coda di distillazione, allora forse ne vale la pena.
Ma se il valore commerciale è medio e non dipende molto da quel 5% finale, allora è necessario terminare l’operazione di distillazione al calare della resa. La scelta del momento esatto dipenderà certo dalle caratteristiche dell’olio e del mercato, ma non è più possibile non tenere conto di questo dato.

Nel caso concreto, non è solo un problema di semplice cattivo utilizzo delle risorse, ma anche un problema di biosostenibilità.

Dato che non è possibile utilizzare gli scarti della distillazione come fonte di energia, per scaldare l’acqua della caldaia viene utilizzato un fuoco alimentato dalle risorse forestali della zona, che non sono infinite e anzi sono in un delicato equilibrio (e questo sarà nel futuro forse il fattore più limitante).

Razionalizzare il processo
E’ quindi di fondamentale importanza razionalizzare il tempo di distillazione, calcolando in maniera precisa una curva di distillazione (scarica qui un esempio) e riducendo di conseguenza il numero di ore.  Naturalmente una modificazione di questo genere avrebbe delle conseguenze di altro tipo, sociale ed economico.
Al momento i cinque operatori della distilleria lavorano da 3 a 5 mesi all’anno, a seconda della disponibilità di materiale.

Per le operazioni di carico e scarico dell’unità lavorano tutti e 5 insieme. Per il resto fanno turni di 2-4 ore per persona per ciclo di distillazione. Nei periodi di manutenzione e riposo 2 o 3 persone, in caso di necessità, possono tornare casa per 2-4 giorni (eccezionalmente per 1 settimana). Una volta alla settimana uno degli operai scende a prendere il cibo.

La razionalizzazione ridurrebbe, e di molto, le ore lavoro per ciclo per il personale.

Una parte di questa diminuzione delle ore-ciclo potrebbe essere accomodata da un aumento dei cicli.  Ma dato che il numero di cicli di estrazione dipende dalla disponibilità di materiale vegetale fresco, esso non può aumentare senza limiti, sia per l’oggettiva difficoltà dei raccoglitori di fare fronte a richieste così elevate, sia per la limitatezza intrinseca del bacino di raccolta che non potrebbe sostenere elevati livelli di raccolta (e qui si passa al problema legato ai materiale vegetali, ma vedi sotto).

Ciò si tradurrebbe in una riduzione di lavoro per il personale, che in una zona povera e disagiata come questa si traduce in problemi sociali, di sostentamento delle famiglie della FUG locale (per semplificare, una versione nepalese delle nostre comunità montane), consistente in ca. 100 unità abitative e ca. 700 individui.

Coobazione
Un secondo intervento utile a migliorare la produttività e la qualità dell’olio, oltre che a rendere più sostenibile l’apparato, sarebbe quello di dotare l’unità di un sistema di coobazione.
La coobazione è un procedimento  di ricircolo dell’acqua distillata (che al momento viene gettata o usata come acqua calda per lavare i piatti).

L’acqua distillata dovrebbe poter essere riversata automaticamente all’interno della caldaia per alimentare l’acqua di distillazione. Il ricircolo permetterebbe il recupero delle molecole parzialmente idrosolubili (composti ossigenati come i fenoli), diciamo uno 0,2-0,7% (fino ad un massimo dell’1% per olii ricchi in fenoli).  Questo comporterebbe un piccolo miglioramento quantitativo e forse qualitativo.

Il miglioramento qualitativo dipende dal tipo di pianta, dal tipo di impianto e soprattutto dalla temperatura dell’acqua: se essa non supera i 100 gradi centigradi i processi di idrolisi e degradazione dei composti ossigenati (che aumentano con la coobazione) vengono ridotti.

Acqua di scarto
C’è poi la questione dell’utilizzo dell’acqua eliminata dalla caldaia alla fine della distillazione, acqua carica di molti composti idrosolubili derivati dal materiale e che al momento viene gettata (con a mio parere un certo impatto sull’area) e che potrebbe essere reimpiegata in qualche modo, ad esempio come fonte di composti utili per nelle coltivazioni (allelopatia, oppure repellenza per gli artropodi, ecc.).

Raccolta sostenibile?
Oltre ai due ginepri, come si diceva, in questa unità si distilla il Rhododenron anthopogon.

Tutte queste piante hanno problemi intrinseci di sostenibilità: Rhododenron anthopogon è classificato in questa regione come vulnerabile dallo IUCN, e in una situazione ancora più delicata sono il Juniperus indica, e il Juniperus recurva.

Di per se, la raccolta non è distruttiva, essendo limitata a foglie, ramoscelli e fiori (la raccolta di questi ultimi comporta problemi maggiori delle altre modalità), ma il problema risiede nel volume della richiesta e nei tempi di rigenerazione delle popolazioni locali.

Lo stesso problema, traslato al caso della Gaultheria spp. raccolta ad altitudini minori, è stato affrontato mediante accordi con le FUG circostanti. Quando in una area di raccolta si raggiunge il limite di sfruttamento, i raccoglitori possono andare a raccogliere la pianta nelle altre FUG in modo da lasciare un periodo di 2-3 anni perché le popolazioni di Gaultheria si riprendano.

A differenza della Gaultheria però, i tempi di recupero del germoplasma di Juniperus e Rhododedron sono molto lunghi (7-20 anni per il ginepro, 5-10 per il rododendro), troppi per poterli “ammortizzare” sfruttando altre zone di raccolta, il che significa che o si accettano vari anni di sospensione nella raccolta di tali specie o si rischia il loro depauperamento. L’individuazione di altre specie interessanti per la distillazione potrebbe contribuire a ridurre il peso della raccolta.

Le zone di raccolta

Per renderci meglio conto della situazione ci incamminiamo verso le zone di raccolta…

e arriviamo a ca. 4000 mslm, alla zona di raccolta di Rhododendron anthopogon

E mentre il tempo si porta al bigio, arriviamo in cima…

E vai con la seconda promozione, tutti a Creta!

Il Collegio Italiano Aromaterapia e Massaggio, in collaborazione con il sito www.infoerbe.it, organizza una settimana di studio su olii essenziali, piante aromatiche e tecniche di distillzione presso “Wild Herbs of Crete”, una azienda a conduzione familiare di distillazione di olii essenziali destinati al mercato dei terapeuti, basata a Creta. L’impianto è situato nelle vicinanze della Chania, ed è diretto da Janina Sorensen, una fitochimica e fitoterapeuta, e una delle poche distillatrici del Mediterraneo a produrre olio essenziale di Vitex agnus-castus.

La settimana comprende quattro giorni di seminari ed esperienze dirette di riconoscimento, raccolta e distillazione, e tre giorni di vacanza/riposo. Si inizierà a “lavorare” il giorno successivo all’arrivo a Chania, per dare tempo ai partecipanti di assestarsi e riposarsi. Il corso si struttura come uscita sul campo nel sud dell’isola, con due notti fuori e la terza notte (tra il terzo ed il quarto giorno di corso) in stgrutture albergo a Chania. Durante il corso si visiteranno diversi biotopi, si passeranno diverse gole e luoghi di grande interesse naturalistico e botanico, e le lezioni si terranno in situ durante le camminate, alcune verteranno su piante individuali (Laurus spp., Myrtus spp., Thymus spp., Satureja spp., Cupressus spp., Lavandula spp., Vitex agnus-castus, Pistacia lentiscus, Salvia spp. ecc.), altre sulla flora di Creta e sui suoi utilizzi generali.

I possibili periodi per il corso sono maggio-giugno e settembre.

I partecipanti si porteranno le proprie cesoie da giardinaggio e potranno raccogliere alcune delle piante (in quantità limitata e sostenibile) nei primi 2-3 giorni, mentre nel quarto giorno si raccoglieranno le piante che si andranno poi a distillare (potranno essere piante diverse a seconda del periodo e della disponibilità, solitamente mirto e timo a giugno, salvia in settembre). Si passerà poi il quinto giorno alla distilleria, caricando il distillatore, distillando e dividendosi l’olio essenziale così ottenuto.

Il numero minimo di partecipanti è di 10, il numero massimo di 15, per permettere un buon rapporto tra insegnanti e partecipanti.  La lingua ufficiale del corso è l’inglese, anche se la presenza del docente del CIAM permetterà di facilitare il passaggio delle informazioni.

Per maggiori informazioni o per prenotazioni scrivere a: marco@infoerbe.it